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Il Teatro dell'umiltà - SCESPIR MARZO 2002

Tra spettacoli, arrivi e partenze, laboratori, chiacchiere socializzanti e qualche arrabbiatura per qualche normale inconveniente, è circolata una parola-tema: umiltà.
Nessuno l’ ha suggerita agli altri, nessuno ha voluto metterla sotto i riflettori per fare “spettacolo”. La parola è arrivata da sola alla ribalta, per la forza del contenuto che porta con sé: e questa forza credo che le sia stata data dalla concentrazione del lavoro educativo che si fa alla Rassegna del Teatro della Scuola.
Nei tanti elementi che compongono il cosiddetto “effetto Serra” l’umiltà – si è detto- dovrebbe entrare come regina. E’ una regina che impone il silenzio laddove c’è confusione, impone la riflessione dove c’è l’improvvisazione, impone il guardarsi dentro al posto del giudizio facile.
L’umiltà ci riguarda tutti, molto da vicino. E ci insegna il rispetto per l’altro, anche se l’altro sembra distratto: ci insegna, l’umiltà, a guardare con rispetto i comportamenti degli altri, per capirne il valore profondo al di là della superficie dei comportamenti quotidiani, spesso affrettati, o agitati, o eccitati dagli eventi che si muovono dentro e fuori di noi con grande rapidità.
Se qualcuno sbaglia – dice la regina umiltà – cerchiamo di capirne le motivazioni, ascoltando con attenzione, ed esprimendo con sensibilità opinioni o giudizi.
Così facendo, credo, ci renderemo “visibili” nel modo più sereno possibile, attori finalmente di una messa in scena che ci vede protagonisti consapevoli, disponibili a capire anche le ragioni dello “spettatore” della grande Commedia Umana.



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