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Sbarbapapà: il Direttore della Rassegna Nazionale Teatro della Scuola si confessa - SCESPIR MARZO 2002

Mi si chiede, mentre traversiamo la piazza della Libertà a Serra San Quirico: “Cosa si prova ad essere il direttore della Rassegna?”
La domanda mi sembra una di quelle richieste fatte per farsi offrire una bevuta di vino e gassosa (che va di moda, qui nei lunghi pomeriggi della primavera serrana). Poi, riflettendo, mentalmente la ripropongo a me stesso e trovo che abbia un senso, perché sottintende una curiosità, quella di conoscere un punto di vista molto particolare sulla Rassegna, questo evento che si ripete uguale e diverso da venti anni. E avvicinarsi ad un “punto di vista”, o almeno cercare di descriverlo, in fondo è una delle tante forme di conoscenza della realtà che ci è dato di avvicinare. Provo a rispondere.

Primo. Ho sempre pensato che la Rassegna sia un “organismo vivente”, con tutta una serie di funzioni interdipendenti. A fare una graduatoria delle priorità dei fatti che accadono, del perché e del per come, si scopre che tutti sono essenziali.

Secondo. Il direttore (ovvero “me presentemente io”) è una funzione tra le altre, con alcune caratteristiche che la connotano in un senso o nell’altro. La principale di queste caratteristiche è quella che definisco la Tensione Progettuale. Cioè, vivere la Rassegna del presente soprattutto come un evento da cui trarre stimoli per quella dell’anno successivo.

Terzo. Sono convinto che il perfetto direttore dovrebbe essere invisibile. La maggior gratificazione, in quanto tale, la ebbi due anni fa. In ostello mi si avvicinò un ragazzo, mentre finivo di pranzare. Disse: “scusi, ma lei che cosa fa qui? Non fa i laboratori, non premia le scuole, non fa teatro, viene a pranzo e a cena, parla con qualcuno…mah, non riesco proprio a capire”.

Quarto. Il sentimento più forte che provo, durante lo svolgimento della Rassegna, è un leggero stordimento che proviene dal susseguirsi rapido delle più diverse e spesso contrastanti emozioni. Accadono così tanti fatti, incontro tante persone, tante storie, che la “digestione” della mia anima risulta essere faticosa, lenta, con un senso di pienezza che appunto provoca il sentimento di cui sopra.

Quinto. Mi rendo conto con soddisfazione che qui a Serra San Quirico c’è un cantiere sulla formazione della persona. Che si lavora, nei limiti oggettivi e soggettivi, per educare alla socializzazione, all’impegno, al rigore, alla conquista faticosa dei risultati, alla disciplina, al rispetto dell’altro.

Sesto. Cerco spesso di “spalmare” sulla organizzazione un sano e concreto senso del limite. Lavoriamo bene, diciamoci bravi: però facciamo attenzione all’errore, allo sbaglio evitabile, alle attenzioni mancate, alla concentrazione che non arriva. “La Rassegna inizia domani”.

Settimo. Provo un legittimo stato di stanchezza dopo lo spettacolo delle ore 21. invecchio, dice il Presidente Fabrizio Giuliani; sono stato sempre vecchio, dicono i ragazzi dello staff, e quindi ogni anno si accelera il processo degenerativo…



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