15 maggio Siparietto XXI R.N.T.S. Serra San Quirico
GREASE
Millenovecentocinquantasette. Durante l’estate Danny ha conosciuto
Sandy una ragazza australiana della quale si è innamorato profondamente.
All’inizio del nuovo anno scolastico, con sua grande sorpresa,
Danny se la trova a scuola; lei infatti, invece di partire per l’Australia, è rimasta
in America.
Per far fede alla sua fama di bullo Danny (che appartiene alla banda
dei T-bird) è costretto a fare il duro, deludendo e mettendo in
crisi la povera Sandy, che invece lo conosceva come dolce ed educato.
La ragazza socializza piuttosto alla svelta con le sue coetanee ed entra
a far parte delle Pink Ladies, corrispettivo femminile dei T-birds. E
la travagliata storia d’amore tra Danny e Sandy va avanti, tra
schermaglie ed incomprensioni, cambiamenti improbabili di look cercando
di diventare quello che non sono, fino a quando i due riusciranno finalmente
a dichiararsi l’amore sincero che provano l’uno con l’altra,
imparando ad accettarsi e iniziando a riscoprirsi.
Uno spaccato della vita studentesca degli anni cinquanta: l’amicizia,
l’amore, il mito di Elvis e del rock ‘n’ roll, delle
automobili per rimorchiare, degli hamburger e patatine fritte, della
brillantina (in inglese grease appunto).
Gli studenti del Liceo Scientifico Statale “G.Galilei” di
Civitavecchia (RM) hanno portato sul palcoscenico il musical di Jim Jacobs
e Warren Casey, rimanendo strettamente fedeli all’originale. Tra
coreografie ben architettate e canzoni interpretate dai ragazzi stessi,
lo spettacolo ha appassionato il pubblico, che è apparso molto
divertito.
Simone Sbarbati.
SENZA DUBBIO
Questa mattina sul palco della Rassegna i ragazzi dell’Istituto
Statale d’Arte di Udine hanno portato in scena una loro personale
galleria di brani ed estratti da alcuni dei più celebri scrittori
e drammaturghi del ‘900, uniti dal filo rosso della riflessione
esistenziale.
Un supporto scenografico in evoluzione con le fasi della narrazione:
un intreccio lineare di fasce di nylon trasparente, tese da una parte
all’altra del palcoscenico per separare (come muro opprimente ma
attraverso il quale si può vedere) la zona nella quale le sei
situazioni hanno preso vita e parola, da un altro fondale più arretrato
che, disteso poco alla volta, mostra una scritta che riunisce, in qualche
modo, le differenti verità emerse dai testi scelti (tra gli altri,
Ionesco, Barricco, Beckett e Allen). Un muro, questo, dal quale pendono
sacchetti che contengono i materiali di scena e i costumi che di volta
in volta caratterizzeranno i personaggi
Nel primo ‘quadro’, due persone sedute su una panchina portano
avanti una conversazione surreale: dall’ammissione di essersi già incontrati
prima, arrivano a prendere coscienza del fatto che occupano l’uno
la metà del letto dell’altro, marionette che appaiono nello
stesso spettacolo ma incapaci di instaurare una relazione; tre donne
raccontano la malattia del vivere che abita in loro per la paura di soffrire
a causa dei sentimenti; un soldato si trova a dover spiegare ad un giornalista
dalla Luna le regole che muovono i giochi di potere, rivelando l’assurdità che
regge certe dinamiche sociali; un Socrate insolitamente poco avvezzo
a filosofeggiate consolatorie, ad un passo dalla condanna a morte, scopre
la luce “fuori dalla caverna” ; due persone parlano aspettando
di poter vivere e vivono nell’attesa di qualcosa che non verrà;
il disincanto dell’uomo moderno che è travolto dalla furia
violenta del mondo là fuori…
Una carrellata di situazioni che sembrano non lasciar spazio alla speranza
e al cambiamento graduale: nell’inferno dei viventi , l’unico
modo per non esserne assorbiti fino a non accorgersi più della
sua esistenza è quello di cercare di riconoscere ciò che
non è inferno e farlo durare, distruggendo il muro che impedisce
di liberarci e gridare al mondo che il futuro può essere cambiato.
Simonetta Sbarbati
LU CARRU DE LI CUNTI
L’Istituto comprensivo della Scuola Media Moliterno di Moliterno
(PZ) ha proposto uno spettacolo vivace e brillante narrando varie storie,
racconti e favole popolari grottesche Cinquecentesche sullo stile della
Commedia dell’Arte; questa scuola è ritornata alla Rassegna
del Teatro della Scuola grazie alla segnalazione del “premio del
buon ritorno” ricevuta l’anno passato.
Lo spettacolo si apre con una danza dei ragazzi per tutto il teatro indossando
vestiti tipici e suonando strumenti, tamburelli, nacchere; la rappresentazione
si articola in diversi quadri, ma con un filo comune: i giochi, gli scherzi,
i trucchi e le bassezze dei ricchi e dei poveri, che giocando furbamente
tra di loro riescono sempre in qualche modo a cavarsela.
Tra un Re ed una Regina isterica e incontentabile, tra litigi per decidere
il valore in denaro del vapore d’arrosto, tra attori di teatro
furbacchioni, tra furti scoperti con l’astuzia e i filtri d’amore
costosi di una improbabile fattucchiera ci sono mercanti meschini e arroganti
e un leone che in un sol boccone si mangia Re e servitore.
I ragazzi sono apparsi concentrati e divertiti; azzeccata la scelta delle
musiche e delle coreografie realizzate.
Il pubblico in sala ha apprezzato le dinamiche giocose dello spettacolo.
Ethel Margutti
OFFICINA
Partire idealmente dalla scenografia, dalla divisione interpretativa
dello spazio, per creare un mondo e da esso i personaggi che lo popolano.
Un’esplosione giocosa di creatività e colore, oggetti che
diventano interpretazione di un sentimento (Rabbia-Amore-Felicità).
Assemblaggi di oggetti-ricordo per creare una casa e dalla casa gli abitanti.
Sun (Brera)
Officina dei ragazzi del Polo Scolastico Superiore di Fossombrone (PU) tenuta da Allegra, Sun e Katia.
Arrivare, entrare in casa d’altri, con la sensazione che ti stavano
aspettando ma non così presto, non ora; l’intonaco è ancora
fresco,proprio come i cartoni pieni di colore che delimitano i confini
delle tre case, i cui abitanti socchiudono i portoni e sbattono via la
polvere dai tappetini al passaggio di ospiti.
Là fuori c’è luce intensa e caos, dentro basta una
candela per orientarsi tra percorsi che sembravano imbattuti, ma dei
quali abbiamo già solcati i sentieri sul palmo della mano.
Birilli, cerchi, sedie e cucchiai; oggetti e spazi aperti da gestire
e comporre per permettere ai sentimenti di abitare quei luoghi e riconoscervisi:
Felicità, Rabbia, Amore formano un suggestivo triangolo carico
di ricordi e del bagaglio di emozioni appena disfatto di un gruppo di
persone che è finalmente arrivato ad una destinazione comune senza
aver concordato prima la meta.
Lo spettatore non è più soltanto tale, gli abitanti delle
case si ritrovano anch’essi a osservarsi e studiare i nuovi ospiti
che sono seduti in mezzo alle loro cose, alle loro case “parlanti”,
case del corpo e dell’anima.
Simonetta Sbarbati
SECONDA TESTIMONIANZA MARGINALE
…Sapere che sta finendo mi mette un po’ di tristezza e di
malinconia addosso.
Viverla per il secondo anno è stato completamente diverso che
viverla per la prima volta.
Vivere per la seconda volta la stessa esperienza permette di aprire un
po’ di più gli occhi e captare, nelle scuole che arrivano
e in chi lavora con te, sentimenti e stati d’animo che all’inizio
non si può neanche immaginare di riuscire a condividere.
Per il secondo anno consecutivo proverò, di nuovo, a scrivere
per far conoscere, quella che ho chiamato e chiamerò di nuovo,
TESTIMONIANZA MARGINALE.
Il titolo è lo stesso dello scorso anno, ma il contenuto e lo
stato d’animo che mi hanno spinto a scrivere è completamente
diverso.
Questo per la felicità di qualcuno o, magari, per l’infelicità di
qualcun altro che sperava di vedere in me rassegnazione e appagamento,
ossia, quanto basta per essere cancellati dagli elenchi…ma non è stato
accontentato.
Scriverò allo stesso modo, non seguendo quindi nessuna regola
di scrittura creativa e nessuna formula giornalistica: sto provando ad
imparare da chi sta a livelli più alti di questa falsa gerarchia,
a coinvolgere chi si deve sentire coinvolto ma senza colpirlo direttamente.
Lo scorso anno, quell’articolo è stato definito “di
rottura”, come un qualcosa che in un modo o nell’altro potesse
alterare gli equilibri delle dinamiche di gruppo.
Era, invece, una breve, semplice, ma intensa riflessione di un giubbino
con scritto STAFF che si era trovato in un mondo nuovo, in una realtà che
gli aveva promesso delle aspettative, ma che fino a quel momento non
erano state soddisfatte; o meglio: lo sguardo, la ragione erano accecati
da brutti episodi per far sì che mi accorgessi che la realizzazione
di quelle aspettative c’era, mi sfiorava, ma mi ostinavo a non
farla mia.
Se l’odio presuppone amore, e se la rabbia esclude il manefreghismo,
direi proprio che quell’articolo non può proprio essere
definito articolo “di rottura”.
Se fossi a capo di un qualcosa che mi permettesse di gestire un gruppo,
sarei deluso dal non ricevere mai tali articoli: penserei che nessuno
tenga veramente al compito che svolge e questa constatazione di menefreghismo
mi farebbe arrivare in testa il presentimento di aver fallito.
Ho sentito dire però che quell’articolo è ancora
custodito gelosamente ed ha, ancora, la necessità di essere metabolizzato:
si vede che chi lo custodisce la pensa come me.
Concludendo con il passato e tornando all’analisi del presente,
si potrebbe dedurre che per analogia e contrasto con quanto scritto prima,
questa II° Testimonianza Marginale dovrebbe essere carica di elogi
e belle parole.
Invece non è così!
Non è così semplicemente perché sarebbe ipocrita
pensare ad un’esperienza a due facce completamente diversa: deleteria
e speciale.
D’episodi simili allo scorso anno ce ne sono stati, ma quello
che è cambiato è il modo di affrontarli e di viverli: questa
volta non mi è mai passato per la testa il desiderio di abbandonare.
Razionalità e voglia di capire, distruggere e consapevolezza di
poter ricostruire certe situazioni: l’unica parola che mi viene
in mente per provare a descrivere tutto ciò è “soddisfazione”.
Questo è stato possibile anche grazie ad una maggiore tranquillità e
sicurezza avvertite, di conseguenza trasmesse, sempre da coloro che occupano
i livelli più alti di questa, da sottolineare ancora, falsa gerarchia.
O magari, semplicemente, perché chi vi scrive è riuscito
a capire un po’ di più riguardo a tutto ciò che non
riusciva neanche a vedere lo scorso anno.
Più che ad una metamorfosi penserei ad un’interiorizzazione
di valori di una coscienza comune, di una tanto piccola quanto grande
realtà, che, per sopravvivere, ha bisogno di continui adattamenti.
La malinconia nasce quando si inizia a pensare alla vita della Rassegna
come ad una parentesi; quello che accade in questo periodo non è quello
che accade tutti i giorni.
Quello che succede tra noi dello staff e che nessuno, al di fuori di
noi, riesce nemmeno ad immaginare, è un qualcosa che coinvolge,
che fa stare bene sempre e comunque, che non si priva mai di punti di
riferimento, che permette di scrollarci di dosso, nei limiti del possibile,
tutte le angosce della routine quotidiana; che permette di non sentire
mai l’esigenza di sentire il tempo come un macigno impossibile
da spostare, ma come una cosa che vola e che non si riesce mai a prendere.
E’ un qualcosa che non si potrà mai rinchiudere in una parola
ma, sinceramente, non se ne sente neanche il bisogno.
Il bisogno c’è, è vero, ma è quello di vivere
questa atmosfera il più intensamente possibile; viverla e basta,
nelle sue gioie, soddisfazioni, angosce e delusioni.
Quando lo scorso anno terminai questa esperienza, sentivo di voler tornare
indietro per cercare di sanare il vuoto creato da qualche grave errore
commesso; quest’anno, finalmente posso riuscire a dire di essere
felice.
Prima di chiudere, però, vorrei riportare un episodio che mi ha
dato particolarmente fastidio e vorrei dare un piccolo consiglio agli
insegnanti che decidono di portare da noi i bambini delle elementari:
non azzardatevi più a mettere loro in bocca parole che non pensano
affatto, solo per fare bella figura; non pensate di riuscire a nascondervi
dietro la loro asserzione, perché saranno proprio loro a tradirvi.
Finché si è piccoli si è lo specchio della verità,
e a differenza di quando si diventa grandi, non si riesce a nascondersi
dietro ad una falsa maschera bugiarda.
Quella maschera la impareranno ad usare, come tutti, solo crescendo,
man mano che la loro vita andrà avanti.
Un ringraziamento sentito, ma quest'anno sentito veramente, a tutti,
ma proprio tutti i componenti dello STAFF.
GRAZIE, IN BOCCA AL LUPO E BUON LAVORO.
Giacomo Zampetti
CHE COS’E' IL TEATRO DELLA SCUOLA?
Difficile darne una definizione precisa, il Teatro della Scuola è… è… che
cos’è?!??
Rullo di tamburi… Oggi è:
84. La descrizione di un attimo
85. Procrastinare un atto
86. Mantecare materia magica
87. Tensione/energia/adrenalina
88. Pluralità di personalità
89. Pura alienazione
90. Una parte di quello che sono e che faccio
91. Corteggiare un’idea, un sogno e poi avere il coraggio di lasciarlo
andare…
92. Svuotamento, distorsione
93. Cangura (?)