4 maggio Siparietto XXI R.N.T.S. Serra San Quirico
TANTA AGITAZIONE PER NIENTE
La Scuola Media e Liceo di San Remo (IM) dell’istituto comprensivo “Mater
Misericordiae” ha messo in scena, durante lo spettacolo delle 21
di ieri sera, una vicenda ambientata in Sicilia nel 1600.
I protagonisti sono Benedetto e Beatrice, due ragazzi scontrosi, orgogliosi
ed arguti che non si risparmiano frecciatine pungenti e battute ironiche
arrivando, tra una schermaglia e l’altra, ad innamorarsi l’uno
dell’altra.
Parallelamente si svolge la storia tra Claudio ed Ero che con l’aiuto
del buon Principe, riescono ad organizzare le proprie nozze di lì a
poco; ma Don Giovanni, rabbioso ed astioso fratello del Principe, decide
di interferire nella storia d’amore dei futuri sposi. Assolda così dei
manigoldi che fanno credere al giovane innamorato che Ero lo tradisca.
Il giorno delle nozze Claudio, arrivato fin sull’altare, ripudia
Ero che, affranta e disperata, finge di essere morta per salvare il proprio
onore e scoprire chi ha mentito. I due manigoldi ubriachi al servizio
di Don Giovanni vengono arrestati e svelano tutto l’inganno. Claudio,
triste per la perdita si Ero, riesce alla fine a riabbracciare il suo
amore e, finalmente, a sposarla. Anche per Benedetto, innamorato di Beatrice,
arriva il momento delle nozze. Don Giovanni, dopo tante malefatte, viene
giustamente arrestato e punito.
Uno spettacolo appesantito da un testo troppo lungo che ha monopolizzato
il lavoro degli attori, non permettendo loro di entrare completamente
nei personaggi. Apprezzabile comunque l’idea di rappresentare la
commedia al di fuori degli schemi classici, anche grazie ad intermezzi
musicali cantati e ballati, nei quali i ragazzi erano evidentemente più a
loro agio, riuscendo a trasmettere al pubblico più energia rispetto
al resto della messa in scena. Belli i costumi e la scenografia.
Ethel Margutti e Simone Sbarbati
NERO D’ODIO ROSSO D’AMORE
Esiste una grammatica dei sentimenti da sfogliare nei momenti di bisogno?
E’ possibile costruire un ponte comunicativo vero tra i giovani
e le incomprensibili sofferenze a cui gli adulti a volte portano?
Lo spettacolo che ha aperto i battenti di questa seconda e assolata domenica
di Rassegna è stato presentato dalle Scuole Superiori dell’Amiata
Grossetano che, partendo dal “Romeo e Giulietta” di Shakespeare,
ci hanno regalato la loro versione dell’amore e delle conflittualità e
incomprensioni che separano gli adolescenti dal mondo degli adulti. In
lotta ci sono le due famiglie che tutti sappiamo, i Montecchi e i Capuleti
che, come accade nelle guerre più logoranti e feroci, portano
nel sangue i geni dell’odio accresciuti dal distacco coatto e irragionevole
imposto dai capifamiglia. Non ci sono veri e propri motivi per stare
alla larga gli uni dal territorio degli altri, anzi la curiosità e
la voglia di avventurarsi in territori sconosciuti e più forte
delle minacce e degli editti del sindaco che cerca di contenere l’ondata
di violenza in città. In tutto questo due ragazzi comuni, circondati
da una rete di amicizie del tutto simili, che scoprono il desiderio di
stare insieme come tutti gli altri, non c’è muro di mattoni
o posto di blocco che possa fermarli: l’ostacolo invisibile sono
i genitori, gli insegnanti, gli adulti che non sono in grado di ascoltare
od offrire soluzioni convincenti, non riescono ad accendere le luci di
emergenza dopo il black-out dovuto ad una mancata “educazione sentimentale”.
E allora le cose si complicano, si soffre ( o non si riesce a soffrire)
senza capire perché, e un estratto di erbe (da non leggere erba!)
sembra l’unica via per proteggersi dal mondo e dall’odio
che infetta e vede dovunque differenze da livellare, in attesa che il
fiore dell’amore e dell’amicizia trovi un terreno più fertile
sul quale crescere.
Le dicotomie a volte insensate della vita, le cose veramente importanti
per noi, la forza dei sentimenti: questa mattina abbiamo conosciuto i
ragazzi del Grossetano, li abbiamo sentiti, erano tra noi anche quando
stavano sul palco a raccontarsi con energia e palpitazione, dandoci la
mappa per esplorare le loro emozioni . Ci hanno aiutato a cancellare
dalle nostre palme le differenze; mani che servono per ferire e accarezzare,
che unite riescono a costruire una realtà alter(n)ativa.
Simonetta Sbarbati
UN SALUTO CHE DIVENTA
UN RICORDO
Giro di boa. Il viaggio della 21°Rassegna Nazionale del Teatro della
Scuola è arrivato a metà del suo tragitto; l’adrenalina
ha raggiunto picchi notevoli se non massimi.
Per qualche membro dello staff, però, il viaggio termina oggi;
infatti, come ogni anno, il primo gruppo dei ragazzi dell’Accademia
di Brera, lascerà il testimone ad un secondo gruppo formato sempre
da studenti di tale accademia.
Ci lasceranno Marco, Sara ed Irene; Mara, l’altro elemento del
primo gruppo, invece, rimarrà con noi fino alla fine.
Risultato, questo, della sua grande volontà di non lasciare a
metà un’avventura che ormai la coinvolta in pieno e in tutta
se stessa.
Lo stato d’animo dei partenti non è dei migliori; le parole
di Irene denotano tristezza nel dover lasciare quest’esperienza
e felicità nell’aver scoperto una realtà molto più grande
di come le era stata descritta.
Non parla molto, ma è nervosa, anche un po’ infastidita
nel dover pensare a domani; vorrebbe dire tante cose, ma non riesce a
farlo in quanto la sua personalità ha sempre privilegiato una
comunicazione non verbale.
Sara, invece, non mescola nervosi arzigogoli di parole ma è schietta
e freddamente precisa: “Sto per tornare a casa…..ma anche
qui sono a casa”.
Pensa di aver trovato cose che non potrà mai ritrovare nella sua
vita reale e le sue parole, il suo sguardo, colpiscono al cuore di chi
la ascolta per intensità e decisione.
I nostri due folletti, quindi, se ne vanno e a loro si unisce Marco.
Quest’ultimo è sorprendentemente uno dei più malinconici;
non ha mai esternato le sue emozioni, durante la sua permanenza, ma invece
di tentare di far capire, spesso, ha preferito nascondersi dietro una
maschera.
Quest’ultima gli è servita per divincolarsi da situazioni
caratterizzate da carichi emotivi particolari, ma questa volta non riesce
a trattenersi: “MALINCONOIA”; è questo il termine
che racchiude tutte le sue emozioni in questo momento.
Vede il lavoro nella Rassegna come un modalità ad alti livelli,
difficile da rivivere; prova la malinconia e l’amarezza di chi
parte e non sa quando, ma soprattutto, se ritornerà.
Forse non tornerà, forse non torneranno neanche Irene e Sara,
ma tutti e tre, sicuramente, hanno lasciato un segno, una firma di vitale
importante per la Rassegna.
Hanno creato un ricordo trasmettendo le loro emozioni, i loro stati d’animo,
il loro lavoro, la loro fatica e la Rassegna ha un bisogno di vitale
importanza di questi ricordi: non per vivere di nevrosi e malinconie,
ma per avere sempre dei punti di partenza diversi.
Ciao Marco, ciao piccole ma grandi Sara e Irene! Grazie a nome di tutto
lo staff ; prendete questo stupido pezzo di carta come un calorosissimo
abbraccio.
Infine è dovuta una citazione ed un “IN BOCCA AL LUPO” alle
nuove arrivate, Katia, Michela, Stefania, Elena che stanno cercando al
meglio di rendere indolore l’importante cambiamento. CARE RAGAZZE
LA PALLA PASSA A VOI, BUON LAVORO!
Giacomo Zampetti
LENTE D’INGRANDIMENTO
Data imprecisata dell’anno 2002, mese e giorno sconosciuti.
Un sogno… una ragazza dai lunghi capelli viaggia trasportata dal
vento. Si sveglia in una piazza e al centro costruisce una piramide di
cristallo. Al primo rintocco di campane la piramide crolla, il suono
scolpisce qualcosa che lei non riesce a vedere, il vento la rapisce un
attimo prima, portandola altrove.
Serra San Quirico15 Aprile 2003.
Il sogno… scendo dal treno e vedo luoghi che riconosco, come riconosco
il vento e il suono delle campane.
Serra San Quirico 3 Maggio 2003.
Il sogno continua…
Vi ringrazio per avermi dato l’opportunità di rimanere fino
all’ultimo rintocco di campana perché ora non era il momento
di andare altrove; grazie per permettermi di respirare ancora l’energia
di tutte le persone che ho incontrato; grazie per la Rassegna e per tutto
quello che mi sta insegnando.
Un abbraccio speciale al folletto del sorriso, al folletto del silenzio
e al folletto del pensiero.
Grazie a Marco, Irene e Sara… mi mancherete. A presto.
Buon viaggio a tutti a quelli che restano.
Mara (Brera)
LA POSTA
Abbiamo ricevuto questo pomeriggio una e-mail della prof. Serena Rabitti
del progetto Incroci.
“
A Simonetta, Maria Cristina, Ethel e Simone, i quattro magnifici Sipariettisti.
Quando, questa mattina, la bidella è entrata in classe portandomi
dei fogli ho pensato ai soliti avvisi: non vi nascondo la mia emozione
vedendo il vostro Siparietto… Per un momento mi si sono affollate
davanti mille immagini della settimana visssuta con tutti voi…
Grazie ancora per la vostra disponibilità e simpatia e, naturalmente,
complimenti per l’articolo (riportate da voi, mi sembra di aver
detto cose non troppo banali…). Ho tentato, aiutata, di risolvere
per una volta l’indovinello: gli uccelli sono 198?
Un abbraccio la prof. Serena
A Lorella e Sara, sempre chiuse in segreteria. Non avendovi potuto salutare
alla mia partenza… lo faccio adesso, approfittandone per ringraziarvi
per la pazienza e al gentilezza.
Grazie, grazie, grazie
Serena Rabitti
OFFICINA
Io voglio essere felice
scritto sulla fronte
un’idea nella mente.
Un gesto, un suono, un colore.
Elettricità di pensieri
pulsioni di un mondo assoluto
essere, fare, diventare, viaggiare.
Batticuore.
Sara (Brera)
I ragazzi del Liceo Classico del Convitto Nazionale “Foscarini” di
Venezia li ho seguiti da quando sono arrivati qui alla Rassegna. Ho visto
il loro spettacolo: il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare;
ho preso appunti durante l’apprendistato nell’Officina dell’operatrice
Allegra Spernanzoni; ho seguito il Salotto, gli sguardi un po’ impauriti
che si combattevano tra la voglia di imparare e l’orgoglio testardo
di chi ha sedici anni. Avrei voluto dir loro tante cose, e invece li
ho guardati ed ascoltati. Crescere in poche ore, alla velocità di
un bambino; sentirsi deboli, con le ossa che scricchiolano; seguire un
piccola luce, come tante falene. Risvegliarsi, essere quella piccola
luce.
Un nastro a terra, per separare il mondo, racchiuderne un pezzettino,
scriverlo e descriverlo, trasformarlo, con la speranza (chissà)
di provare a rivoltarlo. Esserne gelosi, dividerlo con gli altri uscendo
da una serra (come ha detto uno dei ragazzi durante il salotto, sempre
con Allegra), da un mondo sottovetro/sottovuoto/sottovalutante sé stessi
e gli altri, per entrare A Serra: con decine di paure tutte simili che
s’intrecciano come fili e riempiono l’aria di scariche: l’elettricità e
le passioni, è il titolo della performance.
E la sceneggiatura diventiamo noi, pubblico, perché i pezzi di
carta e le scritte e i palloncini e le sedie e i colori, che illuminati
da una candela si (ri)creano per la prima e milionesima volta, diventano
attori; reagiscono; scoppiano, si rompono, si spostano e rovesciano.
Vivono.
Simone Sbarbati
Scèspir nel salotto della Rassegna
L’evento-progetto della Rassegna si presta, per la sua struttura
e complessa impalcatura organizzativa, a una quantità di similitudini:
l’anno scorso i suoi venti anni ce la hanno fatta immaginare come
un organismo arrivato alla sua maturità, ben sviluppato e proporzionato(se
tutto va bene), composto di muscoli, stomaco, polmoni, anima.
Quest anno le recenti migliorie ce la fanno pensare come ad una casa,
nella quale si entra passando attraverso un ingresso dal quale si capisce
molto dell’interno(l’accoglienza), ci si accomoda ai fornelli
per mescolare ingredienti e sperimentare nuove ricette teatrali da gustare
sul palcoscenico, fino ad arrivare, rilassati e soddisfatti per il “pasto”,
a chiacchierare tranquillamente davanti ad una caffè in salotto… eh
sì, “a noi ci piace” il salotto teatrale. Ci piace
perché, dopo le emozioni accumulate durante i mesi di laboratori
e prove, sfogata l’adrenalina sul palcoscenico, i ragazzi insieme
con i loro insegnanti, gli eventuali collaboratori e gli operatori Atg
si siedono per parlare di teatro, in un confronto sereno e formativo,
per scambiarsi impressioni e suggerimenti “a freddo”, perché partecipare
alla Rassegna non è soltanto mettere in scena lo spettacolo.
Ieri mattina si sono svolti parallelamente i salotti teatrali dei primi
due spettacoli che fanno parte del Progetto Scéspir, Sogno di
una notte di mezza estate del Liceo Classico “M.Foscarini” di
Venezia e Shakespeare in compilation dell’Istituto Tecnico Commerciale
Statale “G.Filangieri” di Formia(LT).
Durante il salotto con i ragazzi di Venezia, condotto dall’operatrice
Allegra Spernanzoni con l’aiuto di Valentina Impiglia e i brerini
Marco&Sara, si è cercato di analizzare sotto il punto di vista
critico lo spettacolo.
Il gruppo, alla sua prima esperienza in una rassegna di teatro, ha raccontato
la difficoltosa gestazione dello spettacolo, influenzata dalla impossibilità di
fare un percorso laboratoriale “alla luce del sole” e dalla
fretta di realizzare un prodotto confezionato entro la fine dell’anno
scolastico.
Fretta che ha portato l’operatore a privilegiare il testo penalizzando
la caratterizzazione dei personaggi, la gestualità, le musiche
e la scenografia.
Venendo alla Rassegna, si sono trovati di fronte ad una realtà che
non si aspettavano, un’occasione di confronto che fino ad allora
non avevano avuto a disposizione, come se fossero stati chiusi dentro
ad una serra.
La visione di spettacoli tratti da testi di Shakespeare e le considerazioni
tecniche delle operatrici e dei brerini su costumi e scenografia ha fatto
crescere in loro una maggiore consapevolezza sul loro lavoro e sulle
potenzialità inespresse del loro gruppo.
Contemporaneamente, un gruppo misto di operatori e membri dello Staff
ha guidato il confronto con i ragazzi e l’operatore di Formia,
portando alla luce delle problematiche affini a quelle dei ragazzi e
insegnanti di Venezia: al loro terzo anno di attività teatrale
con un professionista dello spettacolo, è stata la necessità di “produrre
qualcosa” che ha guidato gli intenti, togliendo tempo anche a laboratori
e attività non strettamente connesse con la rappresentazione.
Il dibattito, guidato dall’operatore Sebastiano Aglieco, ha cercato
di far uscire dai ragazzi considerazioni critiche sul loro spettacolo
e sulla lavorazione del progetto: è emerso che l’impostazione
data dall’operatore è stata finalizzata all’acquisizione
di tecniche di recitazione ed una disciplina dello spettacolo rigorosa,
che hanno permesso ai ragazzi di valorizzare competenze e spiccate attitudini
individuali più che una sensibilità di gruppo.
Quello che è mancato è stato un progetto didattico-formativo
che guidasse le scelte della scuola, che ha intrapreso un percorso teatrale
interessato ad un’attorialità professionistica che non viaggia
sugli stessi binari del teatro della scuola.
Cresce la convinzione che il salotto teatrale sia una ricchezza, una
costola critica da far sviluppare nell’organismo della R.N.T.S.
per offrire alle scuole utili opportunità di confronto .