3 maggio Siparietto XXI Rassegna Nazionale Teatro Scuola Serra San Quirico
SHAKESPEARE IN COMPILATION
Ieri sera alle 21 è andato in scena il secondo dei quattro spettacoli
che fanno parte del Progetto Shakespeare, che è l’occasione
offerta dalla Rassegna per far incontrare le scuole che hanno costruito
i loro lavori intorno ad una stessa tematica (in questo caso la drammaturgia
del Bardo, ma vedremo anche il musical del XX secolo e Pinocchio di Collodi)
per confrontarsi su approcci ed elaborazioni, e non ultimo assistere
alle altre messe in scena.
I ragazzi dell’Istituto Tecnico Commerciale Statale “G. Filangieri” di
Formia (LT) hanno scelto di presentarci una loro personale summa, diremmo
oggi un ‘best of ‘del grande poeta inglese, ribattezzato
per l’occasione “zio Willy”(!).
La voce ammiccante di uno speaker, che si trova a suo agio tra le grandi
tragedie e verità senza tempo che il grande drammaturgo ha affrescato,
come un dj si muoverebbe agilmente tra i piatti di una consolle, ci guida
per i corridoi di una immaginaria galleria di personaggi e passioni immortali:
tra balletti e declamazioni in lingua, sul palco rivivono le atmosfere
cupe delle streghe del “Macbeth”, i battibecchi giocosi e
pieni di doppi sensi tra la balia e la giovane Giulietta, causa indiretta
del duello tra Tebaldo e Mercurzio (riproposto dai ragazzi sulla scena
in modo avvincente e con un finale “a sorpresa”!), l’amore ‘duellato’ della
Bisbetica Domata, fino all’immancabile “Essere o non Essere” di
un inedito Otello partenopeo.
Come in una vera compilation, lo speaker sceglie di alternare citazioni
moderne e antiche, l’amara ironia di Jacques alle conversazioni
amorose de La Tempesta, in uno spettacolo che ci ricorda la bellezza
e l’attualità dei versi di Shakespeare che sono entrati
a far parte della colonna sonora della nostra vita.
RICORDO/PROGETTO DI UN SOGNO DI UNA NOTTE…
Prima del buio, il sipario è ancora chiuso. Di lì a poco
Shakespeare: il suo Sogno di una notte di mezz’estate. Mi siedo
con una bibita in mano e sfoglio il catalogo. Non sono un giornalista.
Ci sto provando: la rassegna la imparo di giorno in giorno, nei volti
di chi la fa, di chi la guarda, di chi, come quelli al bar giù in
piazza, un po’ infastidito da tutto il via vai fa finta di niente.
Lo ammetto: non so la storia, la trama. Non ho mai letto la commedia,
né visto il film, né sentito parlarne qualcuno. Arriva
Sara, una delle brerine; si siede accanto a me, scambiamo due parole.
La butto lì. Tu la sai la trama ?
E scopro che ognuno ha il suo Sogno. Scopro il sogno di Sara. Scoprirò poi
il sogno dei ragazzi che l’hanno portato in scena. E il sogno di
qualche operatore. Il mio sogno non ce l’ho, ma Sara mi racconta
il suo e per un po’ riesco a vederlo e a viverlo.
Il suo primo Sogno, Sara l’ha fatto al Liceo. E grazie a quello
ha deciso di studiare scenografia. Ed ora, a casa sua, vicino a Varese,
aiuta a regalare/costruire il sogno a dei bambini delle Medie. Il suo
ultimo sogno, poi la laurea.
E mi fa uno schema, piccolo piccolo e semplice semplice. Mi dice chi
ama chi e chi fa cosa e nelle sue parole i sogni si mescolano: ricorda
il suo; racconta i suoi bambini: il leone, che leone si sente veramente,
basta portarlo nel giardino dove ambienteranno la foresta. E gli abiti
di scena, che Sara costruisce in base a come sono i suoi piccoli attori,
a cosa dicono loro: con le femmine tutte vanitose che fanno le fate e
non smettono mai di chiedere veli e colori e lustrini.
La Rassegna è questa. Gli spettacoli ci sono, anche belli. Ma
c’è tutto un mondo. Ed è fatto di parole che ne rincorrono
altre, che rincorrono pensieri e ricordi: dipende da chi lo fa. La Rassegna
la vedi nei volti di chi, ad un tratto, capisce cos’è la
Rassegna. Ed io, come ho già detto, sto imparando.
Simone Sbarbati
IL CASO DEL MORTO PER CASO
I ragazzi della Scuola Media “Nottolini” di Lammari (LU)
hanno portato in scena, questa mattina, la storia di una strana morte
avvenuta per le strade di Londra durante la festa di San Patrizio.
L’ispettrice Badger, accompagnata dalle sue amiche, nota un uomo
sospetto aggirarsi per la festa. Lo ferma per fargli alcune domande ma
l’uomo, accidentalmente, muore. Nella sua giacca viene trovata
una busta non affrancata con su un indirizzo. L’ispettrice decide
di andare a controllare, imbattendosi in strani personaggi che, oltre
ad andare tutti di fretta, si dimostrano assai evasivi nelle loro risposte
ai quesiti della Badger. Spazientita, l’ispettrice decide di aprire
la lettera e nota uno strano alfabeto. Fatto analizzare da un’esperta,
si scopre che il documento è in realtà un messaggio in
codice.
Nella storia entra poi un certo John Burton che, inventandosi un’assurda
storia di avvelenamenti, cerca di fare in modo che Thelma, amica dell’ispettrice
ed in possesso di una copia del documento, esca di casa, per poterla
perquisire in tutta tranquillità. Ma la donna capisce che c’è qualcosa
che non va, e tutti e tre gli uomini che si erano introdotti in casa
sua vengono arrestati. Thelma, venuta in possesso anche dell’originale,
tenta un piccolo esperimento e riesce a decifrare il codice: il messaggio
in realtà si riferisce ad una refurtiva, con le indicazioni del
luogo in cui è nascosta. Alla fine tutti i misteri della storia
vengono risolti, ma c’è il tempo di porre un piccolo quesito
al pubblico: che ruolo ha avuto in tutta la vicenda, il portiere ?
Uno spettacolo, già segnalato dalla Rassegna di Bagni di Lucca,
sviluppato soprattutto a partire dal testo, con un meccanismo narrativo
ben congegnato. Apprezzabile il lavoro di coesione del gruppo di attori,
provenienti da classi diverse. Rimane però, da parte dello spettatore,
il dubbio: si sono divertiti, i ragazzi, a costruire lo spettacolo? Da
dove stavo seduto io, non sembrava.
Simone Sbarbati
I COLORI DEL TEMPO
La scuola elementare “G. Pascoli” che fa parte dell’Istituto
comprensivo “D.Alighieri” di San Cassiano D’Isonzo
(GO) ha presentato questa mattina lo spettacolo I colori del tempo.
Il testo recitato è un libero adattamento del libro I musicanti
di Brema.
Quattro simpatici animali: un gatto, un asino, un cane e un gallo si
ritrovano ormai vecchi alla locanda “la Clessidra”, qui,
dopo essersi presentati iniziano a raccontare a turno le loro vite.
Inizia Orecchie grigie (l’asino) “licenziato” perché troppo
lento per consegnare la posta. Quando un motorino lo sostituirà vorrà realizzare
il suo sogno: avere un gruppo musicale per girare il mondo.
Continua Piè veloce (cane) che trova la sua vena artistica ascoltando
gli amici musicisti del suo padrone: impugnerà la chitarra e partirà.
È
la volta del vecchio e pigro gatto Briciola che ricorda i bei tempi della
caccia al topo ora poltrisce contenta sulle coperte.
Il gallo è un vero e proprio cantante lirico che, venduto dalla
padrona stanca delle sue “performance canterine” notturne,
decide di scappare e trovare qualcuno che apprezzi finalmente la sua
arte.
I quattro danno senso alla loro esistenza costituendo un gruppo musicale “i
colori del tempo” in quanto portatori di esperienze di vita;
la vecchiaia si trasforma in un nuovo modo di comunicare con colori diversi.
Il palco è un esplosione di tinte, sapori e musiche gustose. L’elemento
scenico della clessidra sempre presente sul palco ci ricorda continuamente
lo scorrere del tempo.
Il lavoro sul corpo, sul testo, sulla coesione del gruppo (novantadue bambini!)
sono il traguardo ideale dell’attività teatrale a scuola.
Ethel e Maria Cristina
Il nostro spettacolo č stato realizzato dalla collaborazione tra insegnanti e scolari, la storia č stata tratta dalla favola dei fratelli Green [Grimm. N.d.r.] I musicanti di Brema; stata poi rimodernata dalle idee dei bambini. Il fondale č stato tratto da un’opera di Picasso. Ricopiata dalla I Media e dipinta da bambini di quinta. Valentina Zimolo, Elisa Ciuffreda, Clarissa Romano
L’Humus dell’Umiltà
“Umiltà e ascolto, ascolto e umiltà, questo è il
teatro tanto per cominciare”.
Così l’insegnante, operatore Sebastiano Aglieco sentenzia
nel salotto del gruppo del IPSIA di Milano, attori in uno spettacolo
con risonanze alquanto (tele) visive.
E queste parole devono aver avuto una gran forza comunicativa al momento
che sembrano essere quelle che hanno prodotto una serie di riflessioni
post-rassegna, come testimoniano i pensieri inviati a Sebastiano da tutto
il gruppo.
“
Mi hai fatto assaggiare l’umiltà…
…
mi hai insegnato l’importanza dell’umiltà nel gruppo,
la voglia di continuare
…
senza di te non avremmo mai potuto scoprire quell’animo ‘fievolo’ che
c’è in noi.”
Allora, alla domanda del perché si fa teatro a scuola che aleggia
da un po’ di tempo a questa parte tra lo STAFF, questa dell’umiltà potrebbe
essere una delle tante sfide che ci si propone di affrontare attraverso
il teatro educativo.
SFIDA se si pensa all’umiltà come ad una visione, non un
punto di partenza ma un punto di arrivo, un qualcosa verso cui tendere.
Qualcuno direbbe: “Fammi un esempio, ‘umiltà’ detto
così è un concetto astratto, come si può toccare
con mano?”
Allora l’invito è di parlarne tutti insieme e di aggiungere
una nuova voce al GLOSSARIO dell’ATG.
Dal momento che invitiamo i ragazzi all’umiltà,, forse varrebbe
la pena chiedersi di quale umiltà parliamo: CHE FORMA HA L’UMILTA’ DELLA
RASSEGNA? Pa.Co.
CIAO ILONA!!!
Anno n°9…la piu’ vecchia operatrice della rassegna,
componente dell’ormai mitico gruppo “Sogni di Pioggia”…
ribattezzata di recente con il nome di Vichinga… sta (sigh!!!)
per lasciarvi e tornarsene nel profondo e grigio nord!
Qui (vi) lascio il Sole (…anche se un raggio l’ho rapito
io!)
Uno e tanti volti
uno e tanti sguardi
emozioni
parole senza suono sussurrate nel vento
gridate nel tuono.
Un momento
intrecci di mani e luci cangianti piccoli passi danzanti
maschere
trucco
di pochi o di tanti
Buio… Luce…
…
si apre il sipario…
grazie a tutti
Ilo
LA ‘MANNA’ DELLA RASSEGNA
Spesso lo staff si pone domande relative a questioni di valutazione
del gruppo-classe, di come ha vissuto la sua permanenza in Rassegna,
di come ha fatto lo spettacolo, dei risultati del prodotto.
Spesso lo staff guarda alla Rassegna come un organismo su cui esercitare
le proprie capacità di diagnosi e di prognosi, per arrivare alla
terapia. Tutto questo lo dico in senso metaforico, per cercare di descrivere – per
come lo avverto – un clima generale dalla parte di chi organizza
l’evento-progetto della Rassegna di Serra S an Quirico.
E se la Rassegna è un organismo, di che cosa si nutre questo organismo?
Che cosa è che ogni giorno, tutti i giorni (compresi i festivi…)
alimenta come cibo le cellule viventi? E da dove arriva? E chi lo produce?
Questa domanda forse un po’ folle mi ha accompagnato ieri notte
nei primi istanti che annunciano l’arrivo del sonno.
Al risveglio mi sono trovato tra le lenzuola il libro che sto leggendo
(male…) in queste giornate. “Una nuvola come tappeto” di
Erri De Luca. A pag. 93, parlando del miracolo della manna nel deserto
inviata dal Divino al popolo ebreo, scrive: “Che bisogno aveva
Dio di stabilire norme sulla consumazione individuale festiva di quel
prodotto che pioveva in sovrabbondanza?…Dimostrava che non è la
quantità di merce ad assicurare l’efficacia di un soccorso,
ma la sua giusta distribuzione”.
La manna e la sua giusta distribuzione. E la manna della Rassegna che
cosa potrebbe essere, letta dopo dieci giorni di intensissimo impegno,
di eccitazioni, di nervosismi, di piacere del far bene, di gratificazioni
nel fare, di consenso e di obiettivi raggiunti? E la manna potrebbe essere
una giusta metafora, nel senso di un regalo divino? Beh, qualcosa di
sacro esiste in ogni evento, e perché non dovrebbe esserci nella
Rassegna di Serra?
Sacro è un concetto importante se lo accostiamo al profano del
teatro. Epperò la “manna” della Rassegna potremmo
riconoscerla in quel sentimento che accomuna lo staff, lo rende “popolo”.
Che venga o no dal cielo, questa “manna” è cibo e
se non viene distribuito equamente non è efficace a “soccorrere” lo
sforzo di chi lavora.
Attenti alla “giusta distribuzione”; attenti a non accaparrarsene
una quantità superiore al bisogno, perché marcisce nei
sacchi…
Attenti a saper riconoscere la giusta quantità. Attenti a saperla
distribuire. Attenti a non essere supponenti, credendo di averne un accumulo
da usare a piacimento per scopi individuali, di un arricchimento che è inutile
e dannoso.
Mmh. Dalla Bibbia alla Rassegna. Perdonino i compiacenti lettori
questi ardimentosi accostamenti, ma si tratta solo del frutto della
contentezza
di “fare” qualcosa che gli altri apprezzano. E la contentezza, è noto,
si difende anche con le armi dei pensieri…meno stagnanti.
IL DIRETTORE
Corsivi e…ricorsivi storici
A cura di G.B. Vico
OPERATORE TEATRALE?
FACCIAMO UNA GARA D’APPALTO
Beh, insomma, quanto conta l’operatore teatrale nel gruppo? Può l’operatore
teatrale ignorare che il suo lavoro si inserisce in quello più complessivo
di una classe docente? Può lo stesso operatore mettere in condizione
di “inferiorità” di competenze il docente …referente
dell’attività teatrale?.
Certo che no, diranno i sessantacinque lettori di questa paginetta. Certo
che no. Il problema è trasformare in concreto agire questa certezza
di comportamenti. Il problema è semmai quello di far sì che
i docenti…referenti abbiano sufficienti competenze (teatrali, ma
anche psicopedagogiche) per cercare e trovare un operatore teatrale che
sia giusto al proprio percorso di teatro educativo.
Questa ricerca va condotta sul campo di un “mercato”, in
cui l’offerta di competenze teatrali viene da fonti diverse:
- il teatro professionale
- il teatro amatoriale
- il teatro per l’infanzia e la gioventù
- la scuola stessa con i corsi di formazione
- l’animazione socio-educativa
Si tratta dunque di mettere insieme una domanda ed una offerta: e questo
lavoro non appaia come un lavoro di basso mercanteggiare, anche se il
vil denaro poi alla fine conta.
Non dovrebbe, io credo, contare al punto tale da costringere il dirigente
scolastico a fare una gara d’appalto per le prestazioni di un
operatore teatrale a scuola. Eppure succede, ah se succede.
“Ripeness is all”
(L’importante è essere maturi)
In tutta sincerità questa frase in lingua inglese mi è venuta
alla mente durante lo spettacolo di ieri sera, “Shakespeare in
compilation”. E non ricordo per niente chi l’abbia detta,
scritta, citata.
Uno studente aveva iniziato la messa in scena declamando il testo originale
del grande autore. I suoni, le cadenze, la forma della vocalità anglosassone
mi hanno richiamato questo concetto del “ripeness…”.
Che entra nella questione perché nel teatro della scuola la questione
della maturità è centralissima.
Ogni volta che vediamo i giovani ed i giovanissimi fare cose “come
se” fossero adulti, è gioco forza chiedersi se quello che
fanno va nella direzione della loro maturità; o se, al contrario
il loro impegno vi accartoccia in formule vuote di senso, anche se pieno
di luci, movimenti, etc.etc.
Dico accartoccia, perché se uno spettacolo di teatro educativo
non mostra la direzione della maturità, la direzione “verso” la
maturità, allora vuol dire che qualcosa manca nel progetto.
Daisy
LENTE D’INGRANDIMENTO
Mi piace rivedere i volti, riprendere il filo dei ricordi, dei momenti
passati sul corpo e successivamente decantati, a volte con fatica, e
razionalizzati durante l’interno.
Ogni volta che si riapre “il tendone” sono qua. Mi piace
passare da uno spettacolo all’altro, da un’inflessione della
voce all’altra dei ragazzi che arrivano da tutta Italia, stupirmi
delle “trovate” delle “linee di pensiero” che
comincio ad intravedere nelle messe in scena dopo tre anni di Scuola
Estiva.
Ma la cosa più, più di quest’anno è stato
lo sgattaiolare da un laboratorio all’altro degli operatori. Serve?… si
che serve, direi occorre. Occorre vedere e accorgerti, dall’angolo
in cui ti trovi, come si muovono i bambini e i ragazzi… quelli
che si trovano nel gruppo, quelli che agiscono per trasgredire, quelli
che cercano di fare, quelli che entrano nel lavoro dopo le consegne che
arrivano giuste o ancora non proprio azzeccate per loro.
Tutto questo quando sei dentro, anche nei miei laboratori, per quanto
cerchi di essere non attenta ma super attenta a questa dinamiche , a
volte sfuggono. Sfuggono quei minimi particolari, quei piccoli comportamenti
che dietro ti fanno diventare trasparente ”Giacomo” della
III°B forse chi è e perché si comporta proprio così…
Un’insegnante delle Marche
Esiste una chance in più quando “il sentimento” dell’ATG
decide di uscire da Serra e va in giro a trovare i luoghi dove si cerca
il Teatro della scuola.
Una chance che può essere colta o meno da chi la incontra. Una
chance che commuove, a volte, quando decide di testa sua e si rigenera
in un nuovo sentimento.
Io oggi mi sono anche commosso, forse lo ero portato o forse ero solo
sensibile ai loro colori.
Non perdiamoci mai l’occasione di sentire che alla fine di tutto,
i ragazzi, sono la cosa più importante.
Massimo Furlano