2 maggio Siparietto XXI Rassegna Nazionale Teatro Scuola Serra San Quirico
…E LE FARFALLE TORNERANNO A VOLARE
L’Istituto di istruzione superiore di Latisana (UD) ci ha presentato
lo spettacolo … E le farfalle torneranno a volare (segnalato dalla
Rassegna di Fiumicello) tratto dalla raccolta di poesie scritte dai bambini
nel ghetto di Tèrezin nel 1944. Il lavoro si incentra sul filo
conduttore dei versi che raccontano lo strazio dei giovanissimi ebrei
rinchiusi nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale.
I testi aprono un tragico capitolo della nostra storia recente e ci mettono
di fronte a una piaga che il trascorrere del tempo non dovrà mai
chiudersi nell’oblio delle generazioni future.
Ogni attore ci ha raccontato un frammento di quei versi che man mano
diventano momenti di profonda riflessione sulla vita non solo all’interno
del ghetto ma sul senso stesso dell’esistenza; bambini vengono
duramente maltrattati dai tedeschi che impongono loro di togliersi le
bianche magliette gocciolanti di colori. I bambini rimangono tutti vestiti
di nero, quel nero che è il colore che racchiude il senso del
buio e della perdita d’identità.(ultimo tesoro del quale
i nazisti vorrebbero spogliare i bambini)
Lo spettacolo racconta l’angoscia dei giovani protagonisti sottolineata
dal forte desiderio di esseri liberi per poter ancora costruire un mondo
migliore e sopravvivere all’orrore che sa di palude. Una palude
di attesa, di vita o di morte: “Non c’è fragor d’armi,
sono muti i fucili non c’è traccia di sangue, qui: nulla,
solo una fame senza parole.”
“
L’uomo con i baffi” (Hitler) non potrà mai strappare
l’innocenza e i sogni dei bambini che si struggono sulle note di
un sax suonato su note dolorose.
I ragazzi hanno costruito la messa in scena della narrazione facendo
un “montaggio” di esperienze ed esperimenti narrativi sviluppati
durante una intensa attività laboratoriale sul testo.
L’operatore Sebastiano Aglieco ha notato una sostanziale mancanza
di coesione tra gli episodi-trasposizione delle poesie del ghetto, sulle
quali forse si sono appoggiati troppo ; alcuni buoni spunti (la scena
della farfalla costituiva un piccolo spettacolo di per sé), con
la sensazione che molto lavoro è stato fatto ma c’è ancora
da lavorare per dare una fluidità allo spettacolo (molto complesso
in sé il tema del ghetto, tra orrore e voglia di una vita normale),
che ha dato la sensazione di un embrione ancora da sviluppare, particolarmente
circa il lavoro sullo spazio avrebbero potuto osare di più.
L’impressione di una eccessiva frammentarietà è passata
anche all’operatore Francesco Antonini, che ha trovato interessante
la scelta del tema e il processo di immedesimazione dei ragazzi, che
però non ha permesso a pieno agli spettatori di “entrare”.
L’operatrice Allegra Spernanzoni ha sottolineato come la scelta
dei testi sia stata azzeccata e supportata da una efficace simbologia
degli oggetti (su tutti, le magliette), che hanno supportato una già partecipata
interpretazione dei ragazzi.
Maria Cristina Memè
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
Questa mattina il primo spettacolo dei quattro previsti nel Progetto
Shakespeare. I prossimi saranno Shakespeare in compilation (dell’ITC “Filangeri” di
Formia (LT), stasera alle 21); Tanta agitazione per nulla (dell’istituto “Mater
Misericordiae” di San Remo (IM), domani alle 21) e Nero d’odio
rosso d’amore (dell’IPSSCT “Einaudi” di Santa
Flora (GR) il 4 maggio alle 10).
Il Liceo Classico Convitto Nazionale “M.Foscarini” di Venezia
ha presentato un adattamento alla commedia di Shakespeare.
La storia si svolge in una Atene immaginaria dove sullo sfondo del matrimonio
di Teseo con Ippolita, si intrecciano le storie di quattro ragazzi, di
una stravagante compagnia di attori, di un re e delle sue fate e di un
folletto.
Ermia, follemente innamorata di Lisandro, è però promessa
sposa di Demetrio, così decide di scappare nella foresta, per
incontrarvi il suo amato. Ma Elena, amica di Ermia, viene a conoscenza
delle sue intenzioni e decide di rivelare tutto a Demetrio (del quale è a
sua volta innamorata) che si reca anch’egli nella foresta. Elena
lo segue.
Lì intanto è arrivata una compagnia di artigiani-attori,
decisa a mettere in scena una commedia da presentare a corte in occasione
del matrimonio. Proprio gli attori fungono da legame tra il mondo della
realtà e quello del sogno, dove Oberon, re delle fare e sposo
di Tatiana, con la quale ha litigato, incarica il folletto Puck di procurargli
un fiore magico. Il succo del fiore dovrà essere versato sugli
occhi di Tatiana, affinché ella s’innamori del primo che
vedrà al suo risveglio. Oberon vede però Demetrio litigare
con Elena, ed ordina a Puck di versare il filtro sugli occhi del ragazzo,
affinché s’innamori di Elena e si risolvano tutte le traversie.
Puck però versa il filtro sugli occhi di Lisandro che svegliandosi
vede Elena, diventanto così rivale in amore di Demetrio (il quale
ha ricevuto anche lui la pozione). Si sfidano a duello.
A capo della compagnia di teatranti, Nicola Bottone (ma nell’originale
era Bottom: Chiappa, Culo) viene affibbiata una testa d’asino e
grazie al filtro fa innamorare Tatiana proprio di lui. Giunti al caos
più totale, Oberon scioglie tutti gli incantesimi, pacificandosi
con sua moglie e facendo in modo che i quattro ragazzi, tornati ad Atene,
possano unirsi secondo i propri desideri, mentre gli attori riescono
finalmente a recitare la loro farsa.
Corsivi e…ricorsivi storici
A cura di G.B.Vico
Una domanda in questi mesi ha rincorso le notti vivaci degli operatori
teatrali della Rassegna. Questa domanda è: “Perché si
fa teatro nella scuola?”. Non sembri una domanda senza sostanza,
perché le risposte che sono arrivate, tutte insieme, ancora non
hanno concluso le numerose sfaccettature del problema. “Perché…?”.
Già. E se la domanda viene da qualcuno che:
- fa teatro nelle forme sperimentali più forti come attore;
- che si mette in gioco come allievo nella formazione;
- che guarda e guarda spettacoli;
- che generosamente guida giovani di ogni classe sociale a capire il senso del
fare teatro
- che usa le mani per costruire oggetti e tecnologie teatrali
- che si preoccupa di organizzare il proprio tempo per mietere qualche ettaro
di campo coltivato a mais…
…
se la domanda viene da questa persona, sarebbe il caso di investire molte energie
nello sforzo di rispondere al meglio della riflessione. Probabilmente il senso
profondo della domanda gli viene (a questo operatore teatrale…) dal rapporto
profondo con la realtà delle cose e dal profondo rispetto per quello che
le cose significano per le persone. Un atteggiamento che dà frutti concreti
e non parole retoriche come troppo spesso si sentono in giro per i palcoscenici.
“
Andiamo a raccogliere il grano, il grano, il granoooo….”
DA SEBASTIANO
“
il Poeta-Maestro” AGLIECO
Scrivevo, all’inizio della rassegna, della mia personale emozione
davanti alla forza dei ragazzi, alla loro voglia di far bene, di esserci
totalmente. A conclusione della mia esperienza devo dire che l’emozione è aumentata
radicando la convinzione che i ragazzi siano un materiale umano che va
custodito, aiutato a capire e a gestire la sua forte “fotosensibilità”.
Ecco: ho trovato i momenti delle officine, dei laboratori e dei salotti
teatrali in particolare, occasioni preziose per stare fortemente in contatto
con loro, percorrendo insieme uno sconosciuto sentiero nel corso del
quale si incontrano paure sotto forma di orsi, improvvise accensioni
come lampi, spaesamenti, piccole pietre colorate da mettere in tasca.
E ho avvertito fortemente quanto sia delicato il compito dell’operatore,
quanto dipenda da “un maestro” la possibilità che
niente vada perduto e che ogni frammento di esperienza incontrato per
strada diventi conoscenza e infine si trasformi in consapevolezza; suggestioni
personali di cui forse, varrà la pena parlare insieme.
Con la promessa di non intasare la posta elettronica.
Un abbraccio Sebastiano