Progetto ATG: quando operatore fa rima con formazione...
La Rassegna Nazionale del Teatro della Scuola non é un treno
che sfreccia sui () binari del teatro educativo solo per venti giorni
l’anno, (quanto) piuttosto un pendolino dai cento binari che segue
per 12 mesi una tratta a volte lineare ma molto più spesso ramificata
e irta di sfide per traghettare i ragazzi e i loro insegnanti attraverso
l’opportunità educativa, coinvolgente e unica, offerta dal
teatro fatto a scuola.
Ed è proprio per venire incontro ad una esigenza espressa dagli
operatori teatrali del circuito ATG, che lo scorso 15 dicembre si è svolto
a Serra San Quirico (il primo incontro) un Corso di Formazione, tenuto
dalla Dott.ssa Francesca Mancia, sui temi della psicopedagogia dell’età evolutiva
e delle dinamiche di gruppo.
Sviluppando gli interrogativi e le discussioni sorte dalla domanda “Perchè si
fa teatro a scuola oggi?”, la Dott. ha guidato-moderato gli interventi
degli operatori(...) ponendo l’accento sulla opportunità concreta
che il teatro offre a ragazzi in età scolare (e adulti)di ‘ costruire
un pensiero “altro” dal contributo di ciascuno dei partecipanti,
una realtà nuova costituita dalla molteplicità dei ‘tasselli’.
Il palcoscenico diventa luogo di rinascita che va ad attingere ai livelli
più profondi dell’esistenza del bambino/ragazzo, coinvolto
dall’esperienza teatrale sul piano razionale, emotivo, scavando
nel bagaglio di esperienze prenatali che ognuno di noi porta con sé.
E’ sbagliato associare allo ‘spettacolo di fine anno’,
al “prodotto” lo scopo ultimo del Progetto Teatro Scuola:
sono il “prima” e il “dopo” rappresentazione
a dare rilevanza pedagogica al lavoro pensato&preparato insieme all’operatore; “si
cresce nel preparare la scena, nel pensarla, nell’approssimarla
all’idea altrui”.
Il T.d.S., quello ‘buono’, vede nel momento della verifica
dopo la rappresentazione l’occasione insostituibile per trasformare
punti di vista, impressioni a caldo e critiche di chi ha partecipato
in nuovi spunti per non fermarsi e cercare di migliorarsi continuamente
nel lavoro frutto di cooperazione; non a caso la formula del “Salotto
Teatrale” (luogo di incontro/scontro tra l’esperienza degli
operatori e le singole scuole protagoniste della Rassegna) risulta essere
uno dei momenti più forti del loro soggiorno, nonché efficace
cartina al tornasole dell’attività svolta prima di salire
sul palco.
Fuori dalla logica del voto e del “fare bene-fare male”,
(imperanti nell’istituzione scolastica), il ragazzo che sceglie
di ‘esserci’ nel fare teatro a scuola( o di NON esserci,
anche l’assenza ha un peso) ha la possibilità di sperimentare
la “destrutturazione dei canoni e delle imposizioni” dei
micro-macro gruppi di cui fa parte, per cercare di avvicinarsi all’altro
diventando altro da sé.
L’età evolutiva è un susseguirsi continuo di trasformazioni
e l’attività laboratoriale, secondo la Dott. Mancia, crea-deve
creare situazioni di imprevisto, che stimolano-ino nell’adolescente
reazioni ed espedienti per far fronte all’inatteso (“meccanismi
di difesa e reazione”) e scoprire così qualcosa di più su
loro stessi.
Date queste premesse circa l’approccio pedagogico, quale risulta
essere il contributo educativo (se di educazione si parla) che il teatro
porta in classe ?
Quale il motore che fa muovere e appassionare al “gioco teatrale”?
Gli operatori si sono interrogati, seguendo le tracce proposte dalla
Dott.Mancia, per cercare di delineare un profilo comune del professionista
che si accinga a tenere un ciclo di laboratori con un gruppo di ragazzi: è opinione
condivisa che, oltre all’ascolto e alla disponibilità, sia
indispensabile cucire il progetto ‘su misura’ sulle esigenze
dei ragazzi coinvolti, accettando ogni volta una sfida personale all’insegna
della trasformazione continua, fuggendo, se posssibile, dalla temibile
serialità alla quale si rischia di approdare adagiandosi su esercizi
ed esperienze ‘sicure&preconfezionate’. Tecnica e metodo,
sì, ma da vivificare sul campo.
Non convince l’idea dell’operatore “mattatore destabilizzante” inserito nel contesto scolastico, spesso rigido e poco abituato al confronto, ma é meglio essere incantatori o educatori?
Certo, se si é lavorato bene, queste due impressioni dovrebbero
passare in codipendenza, perchè la motivazione e la passione si
mostrano attraverso la competenza tramutata in percorsi inesplorati di
comunicazione efficace.
IL fare esperienza è un momento fondante della formazione e della
relazione, ma l’”esserci” e il “fare” possono
davvero fare a meno della risorsa non meno concreta del “pensare” il
Teatro a scuola?
Si può concepire, nella ricerca di linguaggi nuovi verso lo scambio
comunicativo, l’esistenza di una insanabile dicotomia “corpo-parola” che
non possa esser risolta in una forma laboratoriale che le valorizzi entrambe?
Il teatro dovrebbe essere uno strumento privilegiato nella costruzione
di una ‘terza via’, che mette in relazione sentimenti e ragione,
tra necessità di cambiamento e verità inconfutabili, fisicità e
...(astrazione)... NOI E L’ALTRO.
Uno sguardo, un gesto o un abbraccio sono “più forti” e comunicativi rispetto alla meno immediata e più ambigua parola?
Il primo incontro di formazione si é concluso ad un bivio: e la discussione sembra ben lontana da un pacifico epilogo...