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SCESPIR n.2 -

"IMPARA L'ARTE E METTILA NELL'ATTIVITA' TEATRALE"
Margherita Dotta Rosso
Primo Liceo Artistico Statale di Torino

Con un po' di imbarazzo mi accingo a parlare delle mie esperienze scolastiche in un luogo di ricerca, sperimentazione, pratica e formazione del Teatro della scuola, come Serra San Quirico, perché non è mai stata mia intenzione occuparmi di teatro (neppure di teatro della scuola), né ho le competenze per farlo.
La parola teatro evoca, ci raffigura il "luogo": l'edificio, lo spazio aperto, nel quale si svolgono "rappresentazioni" liriche o di prosa, oppure la produzione o l'attività di un autore, di un periodo letterario o storico, eventualmente il pubblico presente alle rappresentazioni.
Il teatro ci riconduce al testo, alla parola rappresentata, di conseguenza, sì, anche al gesto corporeo, che quella parola accompagna, ma non quale elemento primario, portante, ne consegue che un'opera, lirica o teatrale, possa essere ascoltata anche alla radio. Forse, si addice maggiormente alla mia pratica scolastica il termine spettacolo, dal latino: spectaculum, che deriva da spectare "guardare".
Qui sono maggiormente coinvolti: l'occhio, la visione, lo sguardo, l'immaginario, inteso quale mondo dell'immaginazione, di un mondo pensato e vissuto per immagini: ovvero figure che richiamano specifiche realtà.
A proposito, viene detta "immagine" anche l'ultimo stadio nella metamorfosi di alcuni insetti: l'immagine è la forma ultima, perfetta, completa. (Quella che appare nello specchio del bar).
Si pensi al Circo, spettacolo percepito con la partecipazione di più sensi, ma particolarmente con quello della vista. (Sarebbe deludente ascoltarlo alla radio). Si pensi al Mimo. Si pensi all'esclamazione: "Che spettacolo!" quando una vista particolare per bellezza, per bruttezza, per eccezionalità trae a sé l'attenzione degli sguardi (un bel panorama, Che spettacolo: le gambe!)
Credo si addica maggiormente, anche perché l'occhio, la visione (nel molteplice significato di atto del vedere, di idea/concetto, di nuovo se vogliamo di spettacolo e di percezione visiva di eventi (di realtà) non "reali"), lo sguardo (nel senso della ricerca del punto di vista), l'immaginario sono tra le materie prime delle discipline che insegno: gli elementi fondanti le discipline pittoriche, plastiche, architettoniche, le arti e la comunicazione visiva. Sarà per questo che, nella recente riforma della scuola media secondaria superiore, Riordino dei cicli, è previsto l'indirizzo Arti dello spettacolo, oltre a quello musicale, nell'area artistica: Liceo d'arte.
Dall'occhio al corpo nella sua interezza, che tutte le arti coinvolge ed integra. In realtà quando negli anni '80 ho iniziato ad insegnare Discipline plastiche, guardavo i corpi dei miei allievi fissi, statici di fronte ai trespoli sui quali modellavano con la creta. La scultura (anche quando si tratta semplicemente di opere realizzate modellando materie malleabili come la creta) vive della gestualità e del movimento del corpo e degli sguardi. Il respiro accompagna il gesto che trasmette tensioni ed emozioni alla materia. La continua mobilità del punto di vista cattura la realtà, osservandola continuamente da più parti, e definisce e crea la spazialità di quanto si sta modellando. Dagli anni '70, poi, il corpo è diventato esso stesso protagonista, a tutti gli effetti, nell'arte contemporanea: sempre più pittori e scultori di estrazioni artistiche, tendenze e tecniche differenti ricorrono all'uso del corpo come linguaggio come emittente di segni (a causa di una progressiva perdita di identità ricercata nella presenza "qui ed ora"?). Si parla ad esempio di "Body art" e storie simili (Lea Vergine, 1974). Lea Vergine ci presenta quelle operazioni artistiche come . necessità (ciò che non può essere) inappagata di un amore che si estende illimitatamente nel tempo (la durata), il bisogno di essere amati comunque, per quello che si è e per quello che si vorrebbe essere, con diritti illimitati (di qui la delusione e il fallimento inevitabili): quel che si chiama amore primario. (SKIRA Milano 2000, pag. 7)
Performances ed azioni sfociano sempre più, a volte totalmente, nello spettacolo (già nel 1975 Brian Eno, David Bowie e Mick Jagger scelgono quella strada). I temi dell'identità e del camuffamento (anche questo molto teatrale) permangono nel corso degli anni e, senza arrivare a proporre il taglio delle vene dei polsi come Gina Pace (Io mescolo tutto, Galleria d'arte moderna di Bologna, 1976), per dire della nostra esistenza, del nostro esser-ci, della nostra costrizione, talvolta neppure cosciente, ho iniziato a lavorare con gli studenti sul corpo, proponendo laboratori d'espressione corporea, durante le mie ore di lezione, inizialmente con la conduzione di operatori esterni. Progetto e pratiche laboratoriali erano però sempre concordate (non avrei mai accettato di delegare pratica didattica e senso dell'esperienza). Poi con la collaborazione di una collega, Lucia Biancotto, esperta di pratiche teatrali.
Non dunque "animazione teatrale" per socializzare. Anche se la parola animazione è forse quella giusta. ANIMAZIONE CORPOREA: Per capire la differenza tra un corpo animato (in vita) ed uno inanimato (cadavere).
Per fare arte. Per essere forse un po' più felici (ma non è sempre detto); soprattutto un po' più sapienti di noi stessi, dell'arte, del mondo. Un po' più intelligenti, se per intelligenza intendiamo, come Gadammer (H. G. Gadammer, Dove si nasconde la salute; Cortina Milano 1994), la saggezza: ovvero la facoltà di comprendere i principi ultimi dell'esistenza.
I teli bianchi delle nostre rappresentazioni sono gli schermi dell'esistenza, le pareti della quotidianità sulle quali si dispongono (come per Gina Pace le pareti di una galleria) i disegni, le foto, i ricordi, la memoria di altri artisti, i giocattoli, le nostre tracce. Con le ombre, il corpo non c'è più. Rimane la sua evocazione. Non sparisce, manca. La scena è il luogo, in cui viene proclamata l'assenza. Si guarda l'invisibile, la sparizione del corpo, l'impronta, le orme. L'esistere e lo scomparire. L'interezza ed i frammenti. La molteplicità delle immagini e gli sdoppiamenti.L'armonia e la dissonanza. Una rete di ricordi. Il tempo che scorre. (come ad esempio in AUTO BIO GRAFIA : performance di luce ed ombra - Sipario d'argento per le scuole medie secondarie superiori della Rassegna edizione 1999).
La performance è una azione, una prestazione che si risolve in un arco di tempo determinato, nel quale si dà il valore dell'evento. Non più il quadro, la scultura che una volta eseguiti rimangono nel tempo a testimonianza di quel momento spazio-temporale per l'eternità. Compagnie torinesi, come lo Stalker teatro, (tra i cui componenti alcuni hanno frequentato il Liceo artistico e l'Accademia di Belle Arti) hanno adottato il metodo "performativo", che consiste nel lavorare, ad esempio con gli studenti, non proponendo od insegnando tecniche teatrali, ma su stimoli di tipo espressivo, dopo una approfondita indagine individualizzata sulla persona.
Il corpo si fa scena. Raccoglie il senso della corporeità nella sua espressione di vita. Si ritorna all'origine della vita e del teatro.
Nell'istruzione artistica, oltre al corpo, a fondamento del pensiero astratto e di operazioni mentali complesse è la percezione visiva, che mediante il pensiero traduce le immagini in concetti. E viceversa. E' il pensiero visivo a formare le strutture mentali astratte.
Faccio un esempio, ripreso da Petter (docente di Psicologia dell'età evolutiva presso il dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell'Università di Padova), allievo di Kanizsa. Per eseguire il seguente calcolo:
1+2+3+4+5+6+7+8+9+10 = 55
Può essere utilizzata una immagine mentale, una struttura visiva, che ne facilità la somma:

Schema - immagine mentale per facilitare la somma
Il gioco della rappresentazione ci conduce ad eseguire una operazione analoga (a tradurre cioè un concetto in una immagine mentale, in una struttura visiva). Sia che si parta da un testo, sia che si lavori su temi e contenuti disciplinari, la "messa in scena" di un'azione per me, nella mia didattica, significa comprendere, interpretare, tradurre e rappresentare visivamente i contenuti proposti: obbliga, principalmente, a costruire strutture visive, a sviluppare il proprio pensiero legandolo alle immagini; poi, a trovare modalità, tecniche e linguaggi possibilmente il più appropriati, creativi, espressivi .

Silvano Sbarbati aveva colto nel segno, osservando, a proposito di un nostro lavoro:
". è un modo di ricercare che ha a che fare con la visione. Architetture. Linee. E c'è una specie di fissità, tutte le volte che si riesce a catturare una immagine, per quello che l'immagine restituisce di significato (sia o no simbolico) ."

L'immagine ha il vantaggio di essere polisemica, offre l'opportunità dell'interpretabilità di suscitare il gioco delle associazioni mentali, delle analogie.

Infine non so se l'arte "s'impara" o se si può semplicemente cercare una strada che ci conduca verso. Nel secondo caso, vorrei che queste pratiche didattiche predisponessero alla capacità di ascolto, di fruizione e di produzione di tutte le arti senza divisioni: dalla musica alle arti visive, dal teatro alla computer-art, dal cinema alla fotografia .. Così come il nostro laboratorio d'animazione corporea si è espanso in mille altre forme: la fotografia, il video, l'installazione, l'ipervideo (Hyper-film) per tentare di capire cosa significa fare arte oggi, imparare a fare arte oggi.
Con tutto il nostro corpo.

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