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la Storia - Scuola Estiva di Teatro Educativo

S.E.T.E. - SCUOLA ESTIVA DI TEATRO EDUCAZIONE

Un progetto che si racconta
Di Rolando Tarquini

La S.E.T.E., è un progetto che ormai ha una storia da raccontare. Una storia che mi fa piacere raccontare avendola vissuta sin dall’inizio sia nella progettualità che nella presenza. E quando Fabrizio Giuliani mi ha chiesto di mettere giù qualche riga che tenesse un poco la memoria del percorso della SETE la cosa mi ha fatto molto piacere.

La storia della SETE può essere narrata attraverso i fatti ma soprattutto attraverso le idee e le intuizioni delle persone che l’hanno attraversata. Anche la SETE, infatti, ha puntato su due strategie che ritengo essere fondamentali in tutti le attività ATG: il progetto e l’investimento sulle risorse umane.

La SETE è nata per mettere in pratica le idee di formazione che, nel corso degli anni, lo staff ATG ha consolidato. Chi, come l’ATG, ha fatto una ricerca sul campo e sui territori nell’ambito della formazione e della pratica del Teatro della Scuola, non si può esimere dal proporre una propria modalità attuativa del FARE, soprattutto in un universo così variegato e non formalizzato riguardo al “come”, al “chi” e al “cosa” delle pratiche teatrali in ambito educativo.

Nasce così, nel lontano 2000, con questa idea in testa, la prima edizione, allora nominata Scuola Estiva di Animazione Teatrale. Su progetto di Silvano Sbarbati e la consulenza teatrale di Rolando Tarquini e con la sostenuta spinta del Presidente Giuliani, la Scuola Estiva puntava tutte le sue carte sulla residenzialità e sulla full-immersion. Una cinquantina di persone, nello splendido spazio dell’Ostello S. Urbano a Serra San Quirico, dal 19 al 27 agosto, hanno condiviso 6/7 ore di lavoro quotidiano sul FARE teatro oltre a pranzi, cene e serate di divertimento e di lavoro.

Scuola Estiva

La Scuola Estiva 2000 ha fortemente voluto essere proprio una scuola, con un programma preciso in cui si sono trattati tutti quegli argomenti ritenuti importante. Gli allievi hanno incontrato il lavoro sulla corporeità, sulla maschera neutra, sulla prossemica, sull’improvvisazione e sulla scrittura, sulla regia con brevi e diretti interventi sulla storia del Teatro della Scuola e sugli strumenti teorici necessari per affrontare un percorso di tal complessità.

In particolare è da citare il momento della “rappresentazione” che negli anni successivi è stato argomento di discussione e contrasti venendo chiamato in tanti modi possibili: spettacolo, performance, dimostrazione di lavoro, dono teatrale e altro ancora. Ritenemmo importante, in quel primo anno, inserire anche un momento in cui gli utenti, dopo la settimana di lavoro, mostrassero ad un pubblico i risultati del loro percorso.

I docenti di allora, scelti tra lo staff ATG e nel panorama nazionale di esperti, sono presto detti: da Allegra Spernanzoni a Chicco Caroli, Da Silvano Sbarbati a Rolando Tarquini, da Loredana Perissinotto a Mauro D’Ignazio, da Luca Pecchia a Sandra Bussoli, passando per Renato Borsoni ed altri ancora. Al termine degli otto giorni di full immersion una “festa teatrale” con performance e azioni sceniche ha concluso l’impegno, mettendo un importante “mattone” iniziale nella “casa” della Scuola Estiva.

Il concetto fondamentale della prima edizione fu sicuramente “propedeutica”. Propedeutica sulle tematiche di corporeità, vocalità, musica, scrittura, mimo, regia, maschera neutra e prossemica.
Gli utenti, 34 operatori teatrali e studenti e 8 insegnanti, insieme ai docenti hanno saputo creare un magico momento di scambio di saperi pedagogici e teatrali che ha fatto diventare il progetto anche evento, un evento in qualche modo irripetibile da cui è nata la Scuola Estiva come la conosciamo adesso.
Una Scuola Estiva dunque, quella del 2000, che ha visto tutti i partecipanti entusiasti e desiderosi di continuare l’esperienza. Da questo siamo partiti e da questo è nata la SETE incontrando, già dal secondo anno, le prime inevitabili difficoltà organizzative e di strutturazione dei programmi.

Scuola Estiva

Il progetto dell’anno 2001 non poteva certo essere il medesimo; un nuovo gruppo si sarebbe affacciato a richiedere l’iscrizione alla scuola e il gruppo dell’anno precedente chiedeva a gran voce di approfondire l’esperienza. Nasce così la Scuola Estiva di Teatro della Scuola, perdendo quel termine, “animazione”, tanto difficile da interpretare e cercando di darsi una veste più programmatica, di almeno due anni.

Lo staff organizzativo creò quindi una struttura nuova, sviluppata in due anni: un primo anno (a cui aderirono circa 30 persone tra insegnanti e operatori teatrali) composto dalle cosiddette “materie” e fondato sul concetto di propedeutica, ripetendo la funzionale formula dell’anno precedente e un secondo anno (composto da circa 20/25 partecipanti) con un programma basato sull’idea di “Esercizi di stile” del famoso Queneau. In questo secondo anno di approfondimento i partecipanti furono chiamati ad allestire ogni due giorni una performance diversa, guidata da un docente diverso, ma a partire dallo stesso pretesto letterario. Le lezioni sulle “materie” e le azioni sceniche del secondo anno si svilupparono all’interno e all’esterno dei comodi e evocativi spazi dell’ostello S. Lucia a Serra San Quirico. Fu un anno, quello, denso e pieno di emozioni ma anche stancante e per certi versi difficile. Fare spettacolo una sera si ed una no ci fece capire che la fase rappresentativa andava curata e gestita come una sorta di dimostrazione di lavoro, di dono teatrale, piuttosto che come spettacolo vero e proprio, al fine di evitare ansie e tensioni, naturali in questo genere di attività.

Comunque tutto procedette nel verso giusto, grazie alla capacità e alla esperienza dei docenti di cui ricordo, quell’anno, Sara Poli, Filiberto Segatto, Sabrina Restituiti, Daniele Galanti, Allegra Spernanzoni, Loredana Perissinotto, Silvano Sbarbati, Mauro D’Ignazio e Francesco Antonini, a cui mandiamo un caro ricordo.
Accadde allora che ci si presentò, forte, un desiderio dei partecipanti del secondo anno del 2001, di continuare l’attività formativa. Accadde allora che iniziammo a farci tante domande su come la Scuola Estiva avrebbe dovuto strutturarsi. Nata sulla base di una esigenza di formazione annuale aveva già assunto un carattere biennale. Aveva senso? Quale obiettivo aveva la Scuola Estiva? Chi erano i suoi utenti? Quando avrebbe avuto termine il processo formativo? Ma insegnanti e operatori chiedevano continuità nella formazione. Pensiamo che questa richiesta avesse due motivazioni: una sicuramente legata all’aspetto formativo (acquisire competenze) e l’altra all’aspetto dello scambio (avere un momento stabile di confronto con altre realtà che praticano Teatro della Scuola, in modo permanente). Due esigenze molto importanti e significative.

Scuola Estiva

La struttura dell’anno 2002 si modificò quindi ulteriormente. Il progetto della Scuola Estiva di Teatro della Scuola propose 3 annualità: il primo anno prese il nome di Linguaggi mantenendo la forma propedeutica degli anni precedenti, il secondo anno ripropose una formula semplificata di Esercizi di Stile e nacque SCENE, per il terzo anno, una ulteriore direzione formativa che inserimmo per accogliere le aspettative dei nostri utenti. Ma, si sa, non sempre tutto va così come si progetta. Le effettive iscrizioni, per cause contingenti, furono tante per il primo anno (34) ma non sufficienti (16) per costituire due gruppi per il secondo e il terzo anno e decidemmo quindi di riunire in “Scene” gli effettivi iscritti al I° e al II°.

Lo staff della Scuola estiva ha sempre affrontato tale esperienza cercando di mettere a frutto l’esperienza, cercando di porsi in ascolto della proprie competenze e delle aspettative degli utenti. E l’anno 2002 fu fondamentale per capire alcuni aspetti. Le domande e le asserzioni che ci illuminarono quell’anno furono tante. Ne evidenzio le più significative, per capire quale tematiche teoriche abbiamo affrontato attraverso il FARE: la capacità di dare forma e misura alla creazione comune, sapersi tirare indietro al momento giusto, l’attenzione, tenere la parola “legata” al FARE, disponibilità, serietà e gioco, quanto tempo dedichiamo al teatro, il concetto di “sincerità” rispetto al  lavoro teatrale, il rapporto tra “attore” ed insegnante, la teoria del conflitto e la dinamica di un gruppo, l’efficacia, la differenza tra essere critici e fare critica, l’importanza dello sguardo, la funzione dello spettacolo nel percorso di Teatro della Scuola.
Nacque quell’anno anche un momento di incontro teorico, che chiamammo TRAME, una specie di momento formalizzato in cui gli argomenti legati al FARE della giornata dovevano prendere una forma dialettica e di dibattito. Il progetto di Trame era di creare un momento informale di dialogo serale sulla esperienza della giornata trascorsa. A turno, i partecipanti a ”linguaggi” e “scene” dovevano prendere la parola, sotto la guida degli operatori, per dare voce ai commenti, ai suggerimenti, alle dimostrazioni derivanti dalle giornate trascorse. Questo esperimento funzionò a fasi alterne. Ci furono serate di discussione e serate di gioco e festa. Quell’anno naturalmente i docenti aumentarono. Furono con noi Silvano Sbarbati per la scrittura creativa, Loredana Perissinotto per le tematiche “calde” del Teatro della Scuola, Mauro d’Ignazio per la “visione registica”, Filiberto Segatto per la sua competenza di insegnante-teatrante, Daniele Boria per la maschera neutra, Francesco Antonini per il clown, Sebastiano Aglieco per “far agire i sentimenti” e naturalmente io, per gli aspetti di corporeità mentre Allegra Spernanzoni si occupò del gruppo Scene.

Ed è finalmente nel 2003 che la Scuola Estiva assume la forma che ha oggi; 3 anni di percorso più un anno di formazione/aggiornamento continuo, raccogliendo anche l’ultima istanza dei suoi utenti. Cito dalla presentazione di quell’anno “ (…) La Scuola Estiva, il percorso di approfondimento più completo (…) da quest’anno, la Scuola Estiva assume un carattere progettuale più ampio e più organico e si sviluppa, nella sua completezza, nell’arco di 3 anni facoltativi. La partecipazione completa all’esperienza estiva prevede un percorso che si sviluppa attorno a tre temi principali: gli strumenti e i luoghi del teatro della scuola, i linguaggi teatrali e la messa in scena. E con approfondimenti nell’ambito della psico-pedagogia e della storia del movimento del Teatro/Scuola in Italia”.

Non veniva allora citato il famoso quarto anno proprio perché visto come un momento a parte, un luogo dove, chi aveva frequentato i precedenti anni, potesse “ciclare” nella formazione, confrontandosi con un maestro teatrale che opera nell’area del teatro civile, sociale, del disagio ecc.

Vale la pena soffermarsi sulla struttura di questo anno poiché fu la matrice di tutti gli anni successivi, sino ad oggi, perlomeno.

Di quest’anno fu la decisione ATG di scegliere un personaggio guida annuale per le sue attività, un personaggio immaginario o reale che guidasse tutti i percorsi come pretesto di approfondimento e confronto. E il personaggio guida del 2004 fu proprio Don Chischotte, un pilastro dell’immaginario collettivo che diede spunto alle attività e ai pretesti letterari e di contenuto anche della Scuola Estiva.

Il I° anno, gli strumenti, aveva il nomeCLASSE DI TEATRO (fare-vedere-parlare di Teatro/Scuola) e un programma che puntava sui seguenti argomenti: il laboratorio teatrale come risorsa psico-pedagogica e le opportunità e le criticità nel fare teatro /scuola con alcuni approfondimenti sulla storia del teatro/Scuola e sulla tematica della Psicopedagogia del bambino-ragazzo. I partecipanti a questo primo anno vennero inoltre invitati alla Rassegna Nazionale per 5 giorni a “vedere” gli spettacoli di Teatro della Scuola.
Il II° anno, la messa in scena, mantenne il nome di ESERCIZI DI STILE (i linguaggi teatrali) con un programma che puntò sull’allestimento e la messa in scena di differenti "visioni collettive" e alcuni approfondimenti sempre sul tema  della Psicopedagogia del bambino-ragazzo
Il III° annol’attorialità, ripropose il titolo SCENE (percorsi teatrali) in cui si compì un percorso che andò dalla scrittura di un testo sino alla messa in scena e alla regia. Anche per quest’anno approfondimenti sulla  Psicopedagogia del bambino-ragazzo e una piccola sezione sulla verifica delle dinamiche del gruppo di allievi.

E arriviamo quindi al IV° anno, che chiamammo MASTER di APPROFONDIMENTO e, come sottotitolo SENTIERI (le scatole dei linguaggi teatrali)
Nel Master la docenza fu condotta da un operatore ATG che coadiuvava un esterno, un maestro del teatro italiano legato al mondo del teatro educazione o del teatro di impegno civile. Quell’anno ospitammo Renzo Martinelli, di Teatro Aperto di Milano. Una compagnia teatrale legata al mondo del Teatro di Ricerca. E fu da questa annualità che nacque il progetto STAGE. I partecipanti al Master vennero infatti ospitati all’interno della Rassegna Nazionale 2004 per operare nello staff teatrale come stagisti. Ma purtroppo, per problemi di presenze, anche quest’anno non riuscimmo ad attivare tutti gli anni. Il II° anno fu soppresso ed i pochi iscritti furono passati al Master

La Scuola Estiva 2003 vide come docenti per il I° anno, Loredana Perissinotto,  Sebastiano Aglieco,  Rolando Tarquini, Daniele Boria, Filiberto Segatto, Allegra Spernanzoni, Silvano Sbarbati e contò  sulla partecipazione di circa una ventina di persone tra insegnanti di scuole di ordine e grado differente, operatori teatrali e studenti. I partecipanti, come per tutti i primi anni, uscirono entusiasti dell’esperienza e contenti nelle aspettative. Per la prima volta non facemmo la performance finale o intermedia per il I° anno. Questa scelta fu sicuramente una conferma della linea progettuale iniziale per far comprendere ai partecipanti che non stavamo parlando di teatro professionale ma di teatro educativo. 

Mi sento di aggiungere due parole in più su questo “diavolo buono” che si chiama spettacolo. Abbiamo visto nel corso degli anni che lo spettacolo finale di un percorso laboratoriale viene o demonizzato o acclamato ma mai visto con la sua corretta funzione. Una funzione necessaria, che fa parte del percorso. Non ne è il prodotto ma una parte. E deve essere collocato funzionalmente. Anche la SETE ha subito questa influenza. Il più della volte lo spettacolo finale dei vari anni assumeva una funzione puramente catartica (anche necessaria, tra l’altro) ma che concludeva con una emotività che inficiava la fase finale, spesso sorvolando su un momento dialettico post-spettacolo utile a concludere dialetticamente l’esperienza della Scuola Estiva.  Come avallando la stereotipata diceria che “comunque vada sarà un successo e poi via, tutti a casa felici e contenti”.
Le domande e i dubbi che ci siamo posti a partire da quell’anno sulla effettiva funzione del necessario momento di spettacolo ci hanno portato lontano ed oggi è opinione comune, per i docenti della SETE, vedere il momento della rappresentazione come un momento del percorso, che necessita di discussione e critica sincera sui processi e sulle dinamiche che ne sottostanno e che hanno coinvolto tutto il percorso.

Il II° anno del 2003, condotto da Massimo Furlano, Francesco Antonini e Giada Balestrini fu tenuto nell’isolamento dello spazio dell’Ostello S. Urbano, isolamento che abbiamo mantenuto nel tempo per la sua efficacia nel percorso. Soprattutto per questo anno nacquero le interrogazioni sul come fare uno spettacolo finale, o meglio una dimostrazione di lavoro. Una tematiche ripresa e affrontata più volte, chiedendoci: “se prepariamo una dimostrazione di lavoro come uno spettacolo cadiamo nel meccanismo dell'avere ospiti a cena, di ospitare un pubblico che si aspetta un vero e proprio spettacolo più che una dimostrazione di lavoro?”

E infine il Master, condotto daMauro D'Ignazio (teatrante e operatore teatrale) e  Renzo Martinelli (regista di Teatro Aperto). Fu una esperienza intensa. Una visione, quella di Martinelli, che spiazzò le idee di teatro che i nostri "anziani" (nel senso della scuola) avevano e a cui li avevamo abituati. Una idea di teatro molto personale in cui D'Ignazio si lascò coinvolgere e "partecipare". Non facile compito, il suo, di riportare, nei rimanenti 4 giorni a sua disposizione, queste idee e visioni in un filo che leghi il suo percorso, quello dei partecipanti e quello di Renzo Martinelli. La "dimostrazione di lavoro", perchè di questo si è trattato, è stata comunque molto interessante senza essere dimentica della dimensione pedagogica ed educativa. Ricordo ancora il dibattito finale che puntò in particolar modo sui processi e sui dubbi/scoperte dei partecipanti più che sulle risoluzioni sceniche.

Vale forse la pena spiegare e dare un senso a questo Master. La richiesta era di mantenere un contatto anche oltre la durata classica dei primi anni, in modo che l’appuntamento estivo di Serra San Quirico si configurasse come un momento di formazione permanente. E su questa richiesta si basò il progetto di questo master di approfondimento sul FARE teatro. E per dare forma a questo “permanere”, ci parve giusto affrontare un’altra sfida, tentando di rispondere ad una domanda che da tempo ci ponevamo: quale è il rapporto che può esserci tra il mondo del teatro professionistico e il “fare teatro a scuola”? Quali e come i linguaggi e le poetiche del teatro contemporaneo possono dare il loro contributo a questo universo, ormai di dimensioni considerevoli, che chiamiamo teatro/scuola? Possono i “teatri” contemporanei dare il loro contributo a far emergere il teatro/scuola come strumento pedagogico, etico e di crescita nella società? Fu un percorso di ricerca quello che iniziammo allora con questo progetto di formazione permanente e per questo non volemmo ingabbiarlo o incanalarlo troppo. Come sempre, sapevamo che dal risultato di questo percorso sarebbero arrivati sinceri e significativi suggerimenti. Siamo convinti, dopo esserci guardati tanto in giro e dopo oltre 10 anni di attività nel teatro/scuola, che esistono “teatri” che non hanno nulla a che vedere con il “fare teatro/scuola”, con la pedagogia, con la crescita e con la ricerca. Mentre ne esistono altri che pongono questi punti come condizione sine qua non. Questa fu la sfida che lanciammo: cercare quei “teatri che sono innanzitutto luogo di crescita e di ricerca per un vivere sociale”.

La struttura e i contenuti generali del 2004 non cambiarono di molto. Ma cambiò un’altra volta la denominazione: Scuola Estiva di Teatro Educativo. Cambiamento avvenuto in seguito ad un cruciale dibattito interno all’ATG nel quale si raggiunse la consapevolezza che il Teatro della Scuola faceva parte di un più largo movimento chiamato Teatro Educativo, e che questa forma e modalità di FARE teatro era un soggetto culturale a sé stante. Quattro percorsi diversi quindi, anche per l’anno 2004, e con un testimonial d’eccezione. Maria Montessori pedagogista e studiosa marchigiana.

Abbiamo visto, nel 2004 un primo anno, Classe di Teatro, con circa 25 persone, strutturato ancora una volta con la formula delle “materie” (la formazione del gruppo, la corporeità, la coralità, la commedia dell’arte, la scrittura e le emozioni); un secondo anno, Esercizi di Stile, condotto da Daniele Boria e Sebastiano Aglieco sui linguaggi teatrali; un terzo anno, Scene, condotto da Mauro D’Ignazio e Allegra Spernanzoni che portarono a termine uno specifico percorso sull’attorialità ed infine il Master, guidato da Giada Balestrini, operatrice ATG, e da Horacio Czertok, regista e fondatore del Teatro Nucleo di Ferrara e proveniente dalla esperienza della Comuna Baires argentina che portò la sua esperienza di un “teatro in esilio”.

Finalmente la Scuola Estiva era riuscita a far partire tutti e 4 i percorsi didattici.

Come andò la Scuola Estiva del 2004? Le cose da dire sarebbero tante. Infatti, pur mantenendo la stessa struttura dell’anno precedente, le scoperte e le intuizioni, anche per noi docenti, furono tante. Insieme a me, oltre ai già citati docenti, ricordo Filiberto Segatto e Silvano Sbarbati. E ancora, ricordo alcune tematiche che emersero forti e precise: la difficoltà di mantenere una propedeutica rispetto agli argomenti, l’eterogeneità dei partecipanti al I° anno, l’importante tematica del tutoraggio, i primi tentativi di autovalutazione pratica dei gruppi, i tentativi di attuare nei percorsi alcuni “stop elaborativi” messi in pratica da Filiberto Segatto con buoni risultati,

I temi montessoriani furono messi in gioco da tutti i docenti, con la massima libertà e spesso con disinvoltura e creatività e fu notata, da subito, una facilità di collegamento tra Montessori e i contenuti del teatro educativo che all’inizio sembrava a tutti difficile mettere in pratica.

La mancanza della dimostrazione di lavoro finale per il primo livello non suscitò critiche o tensioni da parte dei discenti. Ritengo che sia dovuto a due fattori: in primis il corretto percorso pedagogico (teatro come mezzo e non come rappresentazione) che fu veicolato e compreso dal gruppo e in seconda battuta lo strumento dell’auto-valutazione che funzionò come dimostrazione di lavoro interna al gruppo e che coincise con un duro lavoro rielaborativo che non dette tempo ad altro.

Il secondo livello era costituito da un gruppo estremamente “strano”. Alcuni provenivano dall’esperienza dell’anno precedente (5), e gli altri (9 in tutto) provenivano dalle precedenti esperienza di primo livello SETE. I conduttori dei due momenti alternarono proponendo la loro scelta di percorso. Il lavoro, da me seguito a spot, denotò un interessante aspetto di pedagogia teatrale e di innovazione.

Da ricordare, in particolare, l’interessante lavoro di Daniele Boria sulla connessione tra Cechov (e i maestri russi del ‘900) e Maria Montessori per quello che riguarda le idee nel campo teatrale e pedagogico. Sebastiano Aglieco lavorò invece su una connessione tra i pedagogisti teatrali del ‘900 e la pedagogia della Montessori. (tema, questo, che è ricorso più volte anche tra gli insegnanti del 1° livello rilevando quanto siano “paralleli” tali percorsi). Le dimostrazioni di lavoro del II° anno hanno dato adito ad una serie di interessanti considerazioni.

Il terzo anno del 2004 fu un’esperienza estremamente interessante. Era infatti composto da 4 discenti e due docenti. Fu scelto di farlo, seppur non rispettasse un minimo numero di persone, per provare a mettere in atto tutti e 4 i livelli e poichè fu lanciata una idea estremamente interessante: infatti, su suggerimento di Silvano Sbarbati, la tematica affrontata dal gruppo del terzo anno fu il lavoro sulla disabilità. Successivamente, su questa idea fu elaborato un progetto più complesso e articolato che puntava su una relazione tra allievo e docente di tipo uno a due. Il lavoro, intenso e supportato da un preciso e dettagliato progetto di conduzione condiviso da Allegra Spernanzoni e Mauro D’Ignazio, puntò sulla tematica del recupero memoriale a partire da alcuni temi base. In sostanza, un lavoro molto approfondito e con una dimostrazione di lavoro finale che diede spunti interessanti anche per le nuove modalità di presentazione.

Ed infine il Master. Il master di quell’anno era condotto da Giada Balestrini e il maestro pedagogo teatrale Horacio Czertok di Teatro Nucleo di Ferrara. Il lavoro impostato da Horacio puntava su una sequenza corporea sulla quale lavorò in diverse direzione per approfondire il lavoro attoriale. Nel proseguo Giada Balestrini diede seguito all’input dato da Horacio lavorando ancora sul dettaglio e sulla struttura. La dimostrazione di lavoro ebbe ancora un’altra forma, anch’essa puntata più sulla visibilità del lavoro che sull’aspetto estetico (pur contenendolo). Fu una dimostrazione di lavoro di grande precisione e di una coscienza del fare rispetto al rappresentare.

I punti fondamentali del 2004 possono essere sinteticamente riassunti nei seguenti: i percorsi di autovalutazione, la crescita nel concepire le dimostrazioni di lavoro, l’approfondito lavoro sulle tematiche della Montessori, la nascita di un responsabile pedagogico della Scuola Estiva, l’esperienza di una stagista del DAMS di Bologna all’interno della Scuola. Infine, come ricordo di quell’anno, vi lascio una serie di obiettivi personali dei discenti usciti dalle ultime giornate di autovalutazione: passare dalla difficoltà personale alla tecnica, condividere il percorso, superare la paura di non essere ascoltato o preso in considerazione dal gruppo, superare il disagio, raggiungere una consapevolezza del fare, raggiungere una consapevolezza dei propri limiti, superare la soglia della fatica.

Mi sento di sintetizzare quell’anno con una frase che rappresenta una coscienza raggiunta dai gruppi: per fare Teatro Educativo bisogna attraversare il teatro e superarlo.

Ed eccoci al 2005, un anno di passaggio e di cambiamenti. La Scuola muta di qualche passo il proprio programma e prende un sottotitolo che funziona come pretesto: I Sensi del Teatro Educativo. La sua struttura viene mappata sull’idea dei cinque sensi. Il primo si occupa di vista e udito, il secondo anno di olfatto, gusto “separata” con un docente di Bologna, Gabriele Tesauri, assistente alla regia di Nanni Garella,  coadiuvato dall’operatore ATG Daniele Boria. Alcune novità quest’anno, i docenti innanzitutto: Silvano Sbarbati, Sebastiano Aglieco, Filiberto Segatto, Salvatore Guadagnuolo, Sandra Passarello, Daniele Boria. Da segnalare sicuramente il giornalino della Scuola Estiva, Asse(s)tamenti, una sorta di diario di bordo per mettere nero su bianco l’accaduto. Vi fu quest’anno una leggera flessione degli iscritti di cui stiamo ancora valutando le cause ma tutti i percorsi furono attivati.

In particolare da evidenziare la presenza di uno sguardo esterno nei gruppi di utenti. Due persone che assistettero alle attività e relazionarono sia al collegio dei docenti che al gruppo intero. Questa fu una novità piena della SETE 2005. Soprattutto per il fatto che una delle due persone era una neuropsichiatra. Con l’introduzione di queste due figure, da una parte si accelerò la elaborazione del vissuto laboratoriale in tutte le sue componenti e dall’altra si iniziò a dare riscontri sulla relazione tra docenti/allievi nelle varie situazioni e nei diversi tempi delle attività.
Lo sguardo esterno non aveva altre modalità che quelle verbali per dare conto del proprio lavoro: questa modalità talvolta, chiaramente, è stata letta come un eccesso di “parole”, di interpretazioni rischiose (di non cogliere il senso vero dei fatti): in sintesi come una incapacità a svolgere i temi della didattica della SETE. E dunque lo sguardo esterno veniva letto come un limite pedagogico. I “guardanti” da parte loro hanno vissuto sia l’esperienza di essere sopportati e mal capiti, sia l’esperienza di essere richiesti dal gruppo per meglio proseguire nel lavoro.

Una ulteriore novità del 2005 fu il concetto di irruzione. Il progetto di far irrompere all’improvviso alcuni gruppi durante il lavoro di altri è stata una novità che comunque si innestava sul “fare teatro”, nel senso che chi irrompeva era comunque costretto ad inventarsi una modalità di azione teatrale. Queste irruzioni ebbero diversi esiti; da una parte fu chiara la loro capacità di creare relazione tra i gruppi e dall’altra fu altrettanto chiara la necessità di meglio strutturarle per renderle completamente efficaci.

Ed eccoci infine all’oggi, alla nuova Scuola Estiva di Teatro Educazione 2006. Ancora un sottotitolo, per mantenere continuità con l’anno precedente: Il Sesto Senso del Teatro Educazione. Si, ho scritto Teatro Educazione e non Teatro Educativo. Infatti, dopo l’ennesimo confronto, abbiamo arguito che Teatro ed Educazione devono essere due parole che non sono seconde l’una all’altra.

E quest’anno siamo finalmente riusciti a darci risposta a una serie di domande che già nacquero all’origine, nel 2001. Abbiamo finalmente capito cosa è il Teatro Educazione: è un percorso educativo che si realizza attraverso le pratiche del laboratorio teatrale e al centro del quale sta una persona in fase di crescita o trasformazione. E’ un luogo di confronto e di lavoro in team, in cui insegnanti, operatori teatrali, mediatori culturali organizzano le proprie competenze al fine di portare a termine, attraverso un processo interdisciplinare, un percorso di educazione alla consapevolezza di sé, alla relazione con l’altro, all’interazione creativa di gruppo.

E abbiamo definito anche cosa deve essere la SETE: la SETE non è un luogo di formazione specialistica esclusivamente centrata sui linguaggi teatrali o sulla pedagogia. Tale tipo di formazione può essere a priori o a posteriori. La SETE è il luogo di formazione sul teatro educazione. Un luogo in cui si identificano, per differenti fasce di età, le pratiche e i processi di natura educativa e teatrale più funzionali ad integrare competenze e professionalità diverse, orientate da una etica pedagogica comune.

E chi sono gli utenti: la sete è rivolta a tutti coloro che lavorano o si interessano al teatro educazione e vogliono avvicinarne o approfondirne le pratiche: insegnanti di scuola dell’infanzia, di scuola primaria e secondaria, docenti universitari, educatori, operatori teatrali, mediatori linguistici, mediatori e organizzatori culturali e sociali, dirigenti scolastici, studenti universitari e laureati, in particolare con indirizzo umanistico ed educativo.

Abbiamo infine definito gli obiettivi della SETE: nella sua modalità attuativa di full-immersion, la SETE si propone di offrire esperienze di confronto e di collaborazione tra persone diverse per formazione ed esperienze professionali, utilizzando la pratica teatrale e le sue modalità e fornendo una consistente verifica con esperti psico-pedagogici sulle dinamiche relazionali e di apprendimento che scaturiscono all’interno del percorso.

La nuova SETE 2006, infatti, sarà strutturata in 4 percorsi: un primo livello dedicato alla ri-scoperta delle pratiche di laboratorio e dei fondamenti del teatro educazione, alla conoscenza del sé, alla comunicazione e alla relazione attraverso alcuni linguaggi teatrali di base; un secondo livello, dedicato alla scoperta di percorsi teatrali ed educativi più specifici, finalizzati alla formazione del gruppo e alla creazione collettiva; un terzo livello, che porta il gruppo a sviluppare una ricerca sul TEATRO DI COMUNITA’.

Ogni livello sarà guidato da un team di operatori teatrali e psico-pedagoghi esperti. Il quarto livello è costituito da un Master o stage di formazione permanente, che vuole essere un momento di confronto  con le modalità di teatro educazione, di teatro sociale, di teatro di ricerca presenti sul territorio nazionale; è guidato da un team composto da un operatore di teatro educazione e da un maestro del teatro contemporaneo.

La ricchezza e il delta formativo della SETE sono  dati dalla presenza, nel gruppo di lavoro, di differenti competenze e percorsi che si orientano, sotto la conduzione di un team di docenti esperti, in un confronto serrato sulle pratiche del fare educazione con il teatro.

Insomma, per ricostruire la SETE 2006 ci siamo fatto tante domande. Ci siamo chiesti anche, per l’ennesima volta, chi è l’OTE (Operatore di Teatro Educazione). E’ una figura professionale dotata di competenze di ordine teatrale e pedagogico, in grado di lavorare in collaborazione con altre professionalità con efficacia operativa nelle diverse situazioni del teatro educazione. E cosa deve fare l’OTE, quale è la sua deontologia? L’OTE è connotato da: capacità d’ascolto attivo e integratore, capacità di lavorare in team, capacità di condurre il gruppo in modo non impositivo, ma facilitante, favorendo l’espressione e la creatività individuale e collettiva; conoscenza teorica e pratica dei linguaggi del teatro e dell’educazione; capacità di promuovere e organizzare  progetti, reti territoriali,  relazioni umane  e rapporti istituzionali.

La SETE 2006 conterrà tutto quello che le varie edizioni precedenti hanno portato di positivo nei programmi; dalle dimostrazioni di lavoro alle feste improvvisate, dal giornalino della SETE ai momenti laboratoriali, dalle cene in comune alle serate di appassionate discussioni. I docenti di quest’anno saranno: Mauro D’Ignazio, Sandra Passatello, Davide Petullà, Riccardo Lantieri, Filiberto Segatto, Daniele Boria, Valentina Impiglia, Salvatore Guadagnalo e, alla guida del Master, Salvo Pitruzzella, uno dei più conosciuti operatori e formatori italiani di  drammaterapia e docente alla Scuola Arti-terapie di Lecco.
Le novità principale saranno la presenza di un docente di scenografia all’Accademia di Brera, l’incremento della attività di autovalutazione e dello sguardo esterno e la permanenza di tutti i docenti per tutto il periodo della SETE.

Ed eccoci alla fine. Quest’anno io non sarò alla Scuola Estiva per impegni di produzione teatrale ma conto di venire a salutare tutti e di ricominciare il prossimo anno. Concludo con quattro brevi asserzioni estratte dal progetto della Scuola Estiva 2005. Quattro asserzione di quattro docenti che più hanno seguito il percorso della SETE. Quattro asserzioni per indicare la via che la SETE vuol seguire nelle prossime edizioni.

“la non direttività dell’operatore, l’abolizione del paradigma giudiziario, l’ascolto integratore, la relazione di agio ed empatia sono i fondamenti del processo laboratoriale. … Il gruppo, se vive una condizione di agio è un corpo” (F. Segatto).

“…una scuola che…è il luogo di formazione sul teatroeducativo…perché si parla di trasmissione di saperi comuni, perché si parla di intenzionalità comune nel processo di trasmissione e non di genialità del singolo” (R. Tarquini).

“… dovremo essere noi operatori ad adattarci, fornendo la possibilità all’utente di entrare nella dinamica laboratoriale gradatamente, osservando le fasi che noi tutti sappiamo essere necessarie all’apprendimento, alla apertura espressiva e alla rielaborazione creativa” (A.Spernanzoni).

“… le poetiche degli operatori vengono recuperate perché io credo che siano necessarie- e utilizzate nella frizione della messinscena, confrontate ed utilizzate come strumento arricchente per far scaturire ‘altre visioni’…” (S.Aglieco).

Buona Scuola Estiva 2006